Le opere d’arte sono costellate di segni corporei portatori di messaggi, un repertorio che forma un paralinguaggio silenzioso, ovvero una «retorica della comunicazione non verbale»(1). La relazione tra i gesti è parte di un sistema di segni simbolici che presuppone l’esistenza di un codice condiviso, per far sì che chi vuole trasmettere un messaggio venga capito da chi lo guarda o lo coglie.
Il gesto delle corna, patrimonio di un registro espressivo popolare soprattutto in Italia, è documentato da almeno duemilacinquecento anni, e ancora
oggi conosciuto e usato. Ve ne sono tracce nella produzione artistica del Rinascimento, che ritrova i gesti apotropaici dipinti sulle coppe attiche,
nelle statue e nei dipinti greco-romani ed etruschi. Una declinazione è fornita direttamente da un pittore, Filippo Lippi, che si è autoritratto
nell’affresco Dormitio Virginis (1466-1469) della cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto. Mentre tiene la stoffa del mantello, il
personaggio indica il gesto delle corna, che lui stesso rivolge con la mano destra verso il basso, di solito inteso come un segno scaramantico(2). Ma che significato può assumere nel contesto della Dormitio Virginis? Evidentemente il gesto attinge a una sfera superiore, quella accennata
sullo sfondo, di origine divina. È un gesto magico, sacrale, efficace per tenere a distanza la morte o il “diabolus”, ovvero il separatore dell’anima
dalla vita.
I gesti delle mani del profeta raffigurato da Arnaud de Moles indicano segni esoterici