tavola elegantissima, ma parca quanto a cibo è quella allestita in occasione delle nozze di Teodolinda con Agilulfo, nel ciclo della cattedrale di Monza firmato collettivamente dagli Zavattari, una famiglia di artisti-artigiani attivi in Lombardia nel Quattrocento. Era stato un importante momento della storia lombarda quello immortalato in molte delle quarantacinque scene: la regina cattolica, rimasta vedova di Autari, poté scegliersi un secondo marito che sarebbe divenuto re dei longobardi. Il matrimonio ebbe luogo nel 590 e poco dopo l’ariano Agilulfo, duca di Torino, si convertì anche lui al cattolicesimo e la coppia riuscì, con l’appoggio di papa Gregorio Magno, a far convertire l’intero popolo longobardo dall’arianesimo al cattolicesimo, organizzando un regno retto da una dinastia ereditaria.
Le scene del ciclo pittorico degli Zavattari, di tono fiabesco e “cortese”, costituiscono uno dei più importanti esempi del Gotico internazionale, non
solo lombardo, per l’eleganza delle esili architetture, l’uso di decorazioni a pastiglia, gli scenari affollati, gli abiti sontuosi che fanno apparire
la cappella che ospita il ciclo una gigantesca e sontuosa miniatura. La prevalenza di narrazioni legate alle vicende matrimoniali della regina ha fatto
ipotizzare un rapporto con le nozze fra Bianca Maria, figlia di Filippo Maria Visconti, duca di Milano e Francesco Sforza avvenute nel 1441, in un
momento prossimo alla committenza della decorazione della cappella. Lo Sforza pensava con lo sposalizio di aprirsi la strada al potere, e significativo
sarebbe dunque il riferimento ad altro matrimonio in cui una donna aveva avuto un ruolo fondamentale nel passaggio da una stirpe a un’altra.