Giorgio Milani è uno degli artisti più copiati al mondo.
Per lui vale ancora più che per altri il motto «Dio è nei dettagli », che poi si accosta al «Less is more», ancora di Mies van der Rohe. Come il maestro tedesco infatti anche il piacentino riduce all’essenziale l’opera: le lettere e il pensiero che le compone.
Il lavoro che Milani porta avanti da ormai trent’anni è quello della salvaguardia di una memoria fisica della scrittura, vale a dire dell’oggetto che per noi occidentali è alla base della trasmissione del pensiero: il carattere tipografico, l’elemento che dà corpo al testo.
Milani ha salvato dal fuoco non libri ma proprio caratteri tipografici in disuso dopo l’avvento della composizione grafica computerizzata. Alcuni anni fa, a Berlino, un suo “poetario” lo ha pure bruciato, dedicando l’azione al ricordo del rogo di libri voluto dai nazisti il 10 maggio 1933, quando circa venticinquemila libri giudicati pericolosi per la nazione andarono in fumo.
Le fiamme di quei giorni si riverberano ancora nell’Europa di oggi, e se Milani salva dal rogo l’alfabeto di legno dei caratteri mobili, più di recente un’artista tedesca, Micha Ullman, nella Babelplatz di Berlino ha realizzato uno scavo coperto da una lastra di vetro in cui si vede una biblioteca vuota. Se mai il nostro modo di comunicare dovesse un giorno saltare, spetterebbe ad artisti come questi mostrare le ragioni per cui ciò è avvenuto: a Milani, in particolare, il compito di ricreare i libri come aveva inventato Gutenberg attraverso i “Buchstabe” e cioè i “legnetti per libri”, i caratteri.
Il lavoro di Giorgio Milani parte da lontano, da una pratica vicina all’arte concettuale che egli porta vicino alla corrente della poesia visiva: viene da lì un’operazione come Lettere d’amore, che gli darà notorietà un po’ ovunque e con cui darà forma e vita alle lettere di due innamorati di fine Ottocento. Lettere romantiche distese a formare una tela che fissa e conserva la memoria della scrittura calligrafica e a inchiostro. Un lavoro di estrema sensibilità che va a salvare il residuo di poesia insito nella cosa scartata ritrovata in un mercatino. Qualche anno dopo Milani si trova a salvare dall’abbandono i milioni di caratteri tipografici in legno che le tipografie cominciano a scartare dalla fine degli anni Ottanta.
