NON GLI HO DETTO DEL QUADRO DI OXFORD
La zona di Londra fra lo Strand ed Embankment, quasi in faccia alla ruota di London Eye e poco distante da Trafalgar Square, oggi pullula di negozi, ristoranti, treni e metro. Nel Seicento due residenze con splendidi giardini ospitavano le collezioni di due personaggi che più diversi fra loro non potevano essere. Thomas Howard, conte di Arundel (1585- 1646), immortalato da Van Dyck in un austero ritratto (1620, Getty Museum), abitava nello Strand, in una proprietà demolita nel 1678, nota da incisioni e dai dipinti di Daniel Mytens (ora in Arundel Castle). Il conte, educato alla Westminster School e a Cambridge, fu figura di spicco alla corte di Giacomo I e del figlio Carlo: collezionista d’arte e archeologia, protettore di Rubens, Van Dyck, Inigo Jones, era riservatissimo. Tutto il contrario del duca di Buckingam, al secolo George Villiers, affascinante, spregiudicato e tanto intimo di re Giorgio da esser stato, a quanto si dice, il suo amante, per poi divenire braccio destro del figlio.Della sua casa sul fiume c’è ancora un suggestivo arco all’italiana, che per le trasformazioni urbanistiche non è più sul Tamigi. Anche lui amico di Van Dyck, che lo ritrasse nudo in veste di Adone con la moglie, possedeva un dipinto del maestro fiammingo con la Continenza di Scipione. A lungo si è pensato che fosse quello conservato alla Christ Church Gallery di Oxford, che invece, come hanno dimostrato prima l’olandese Bert Meijer e poi con dovizia di argomentazioni, Anchise Tempestini e Salvatore Settis (Van Dyck Rubens Van Dyck, Ediart, Todi 2009) fu dipinto da Rubens e non è quello che sembra. La vera Continenza di Scipione di Van Dyck è di un collezionista fiorentino, che per anni si è battuto per la giusta attribuzione. Questi, in sintesi, gli antefatti del trascinante romanzo di Titomanlio, che con nomi fittizi ma assolutamente riconoscibili, ci conduce in una fiction piena di rimandi reali nei meandri di uno dei tanti scandali del mondo dei musei (e di storici dell’arte talvolta non proprio corretti, diciamo così).
