Il museo immaginario
dalla tuta alle caSe in Seriee alle caSe modulari
di Alfredo Accatino - Il Museo Immaginario
ilmuseoimmaginario.blogspot.it
Siamo alle solite. L’Italia ha due geni e se li dimentica: Ernesto Michahelles in arte Thayaht (Firenze 1893 - Pietrasanta 1959) e Ruggero Alfredo Michahelles, in arte RAM (Firenze 1898 - 1976). Due fratelli che lavorano spesso insieme, pittori e scultori di straordinario talento, ma anche fotografi, grafici, architetti, scenografi, esoteristi, ufologi, innovatori sempre. Testimonial di una creatività bulimica vissuta come “competenza” trasversale. Ultimi degli enciclopedici. Futuristi, ancora prima di aderire al movimento, che li risucchia, ma non li sa valorizzare.
Sono rampolli di una famiglia benestante e cosmopolita con radici anglo-svizzero-americano-fiorentine e si sentono a casa a Viareggio (Lucca) come a New York. Sono un po’ dandy, sognano, ma poi le cose le fanno veramente. Come Ernesto, che nel 1930 sperimenta sulle spiagge della Versilia il Carro a vela, primo esempio nella storia di mezzo terrestre trainato dalla sola forza del vento. Che si diverte a fare l’orafo, ma che poi brevetta una nuova lega d’alluminio: la “thayahttite” con la quale plasmerà il volto del duce, nel più bel ritratto di sintesi dell’epoca.
Ernesto, che ha lavorato a Parigi nel 1918 come stilista e designer per la regina della moda Madeleine Vionnet - per la quale creerà il logo e studierà capi di abbigliamento basati su accostamenti cromatici e combinazioni geometriche rivoluzionarie per l’epoca - si permette addirittura di brevettare la TuTa (si scrive proprio così): abito unitario a forma di “T” che si ispira ai concetti di funzionalità espressi da Balla, ma che rispetto a Balla, li rende concreti.
In un solo pezzo sono condensati giacca, camicia, pantaloni. È pratica, economica per tempi di fabbricazione e materiali: è allacciata con bottoni sul davanti, ha quattro tasche applicate, si indossa facilmente con la cintura, si porta con sandali.
