XX secolo
Vittorio Zecchin e Le mille e una notte

profumid’oriente

Tra i miti della Belle époque Le mille e una notte sono un tema fra i più frequentati dalle arti visive.
A Venezia, atmosfere mediorientali pervadono le feste della marchesa Casati e ispirano alcune opere di un originale, multiforme artista, Vittorio Zecchin.

Giulia Cosmo

Da quando - per la prima volta in Europa - furono pubblicate a Parigi nel 1704, Le mille e una notte hanno esercitato un grande fascino non solo sul pubblico ma anche su numerosi artisti, come Nikolaj Rimskij-Korsakov, autore nel 1888 di una suite sinfonica a esse ispirata intitolata Shéhérazade, sulla cui musica sarebbe stato poi creato l’omonimo balletto, uno dei più celebri dei Ballets russes, andato in scena per la prima volta nel 1910 proprio a Parigi(1)

Uno degli elementi che determinarono il suo straordinario successo e l’influsso esercitato non solo sulle arti figurative, ma anche sulla moda e sull’arredamento, furono le scene e i costumi del pittore e scenografo russo Léon Bakst che aveva profuso in essi la sua conoscenza delle miniature persiane e dell’arte turca(2)

Fu forse per l’eco suscitata da questi avvenimenti che nel 1914 Vittorio Zecchin (1878-1947), pittore e poeta e figlio di un vetraio di Murano, scelse proprio Le mille e una notte per il ciclo di grandi pannelli a olio su tela dipinti per la sala da pranzo dell’hotel Terminus di Venezia, oggi dispersi fra il museo di Ca’ Pesaro e alcune collezioni private a causa d’una ristrutturazione subita dall’albergo(3). I costumi dei personaggi presentano una notevole somiglianza con quelli del balletto Shéhérazade e anche se non sono documentati viaggi di Zecchin a Parigi, egli ebbe comunque modo di vedere alcune scene orientali di Bakst alla Biennale di Venezia dove nel 1914 si inaugurò il padiglione dedicato alla Russia. Inoltre nel 1913 lo stesso Bakst si era già recato a Venezia per disegnare i costumi per i balli in maschera che vi teneva la marchesa Luisa Casati, ricchissima ed eccentrica aristocratica milanese che, recandosi spesso a Parigi, era stata un’entusiasta spettatrice dei Ballets russes e aveva assistito al dilagare della moda “persiana” da essi introdotta(4). Paul Poiret, il più grande sarto della capitale francese, inaugurò a Parigi la serie dei balli in maschera dedicati alla Persia proprio sulla scia dei Ballets russes. 

L’elegantissima Casati, cliente di Poiret, aveva preso da poco come sua residenza Ca’ Venier dei Leoni - il palazzo veneziano che sarebbe poi divenuto l’abitazione di Peggy Guggenheim - e nell’estate del 1913 la marchesa organizzò dieci cortei per le calli veneziane con lanterne e tre balli, tutti in maschera, uno dei quali, dedicato alla Persia, fu definito dalle cronache mondane degno delle Mille e una notte. Amica di artisti come Filippo Tommaso Marinetti - che probabilmente a causa dell’entusiasmo dimostrato per l’arte coreutica le dedicò il manifesto della danza futurista -, fu ritratta da Giacomo Balla, Kees van Dongen, Giovanni Boldini, Man Ray e la lista potrebbe continuare.

Léon Bakst ci ha lasciato un bozzetto raffigurante una danzatrice orientale che reca in alto la scritta «Danse indo-persane marquise Casati». Evidentemente si tratta di uno dei costumi della marchesa, e le ondeggianti sciarpe di velo mettono in evidenza i movimenti della danzatrice, qualità molto ammirata dai contemporanei che è invece totalmente assente nel corteo di uno dei pannelli di Zecchin, i cui personaggi sembrano quasi immobili e hanno una ieraticità quasi mistica, come nei bassorilievi delle civiltà antiche. Anche le due tigri sdraiate davanti al trono in un’altra scena rimandano alla Casati, che Gabriele D’Annunzio, del quale la marchesa fu amante, definì «la sola donna al mondo che mi abbia sbalordito». 

La Casati in effetti non amava passare inosservata: passeggiava a volte seguita da due servi neri che tenevano al guinzaglio una pantera o due ghepardi. Dotata di un forte senso della scena, oltreché d’una bellezza universalmente riconosciuta, Casati in molti dei suoi atteggiamenti riflette e in alcuni casi anticipa quelli delle dive del cinema muto italiano (e in seguito di quello hollywoodiano) che fra il 1909 e il 1913 produsse una serie di film tutti incentrati sui primi piani di fatalissime primedonne come Francesca Bertini o Lyda Borelli.


Vittorio Zecchin, pannello di Le mille e una notte (1914).

Vittorio Zecchin, La regina di Saba in trono, pannello di Le mille e una notte (1914).

Vittorio Zecchin, veteria artistica Barovier & C., Vaso a murrine (1920).