La figura di Matisse domina l’arte della prima metà del XX secolo. Prolifico, curioso e socievole, è stato per tutto il corso della sua carriera al centro dei dibattiti della scena artistica: di volta in volta capogruppo dei fauves, osservatore critico del cubismo, discepolo e amico dei più vecchi Signac, Renoir, Maillol, Bonnard, maestro d’accademia e per tutta la generazione degli espressionisti europei, rivale di Picasso, precursore di un’arte astratta per giovani artisti quali, a New York, gli esponenti dell’espressionismo astratto o, in Francia, del movimento Support/Surface.
La mole della sua corrispondenza conservata negli Archives Matisse e via via pubblicata fa capire quanto il mondo da lui frequentato tanto a livello sociale quanto sul piano delle amicizie fosse essenzialmente quello dell’arte.
Nonostante il classico confronto con Picasso, il pittore della Danza è tuttavia, molto spesso, percepito e presentato come una personalità singolare, unica e isolata, come un maestro la cui influenza sugli altri è manifesta. Questa immagine di “maestro” si costruisce molto presto, fin dalle sue prime esposizioni pubbliche all’inizio del Novecento e la ben nota testimonianza di Fernande Olivier, la compagna di Picasso, ne spiega chiaramente la genesi: «Matisse, molto più vecchio, serio, circospetto, non aveva le idee di Picasso. “Polo nord” e “Polo sud”, diceva lui parlando di loro due. Il vero tipo del grande maestro: viso dai tratti regolari con un barbone dorato, Matisse era simpatico. Sembrava però sottrarsi agli sguardi dietro ai suoi grandi occhiali, proteggendo l’espressione dei suoi occhi ma parlando a lungo non appena si cominciava a discutere di pittura. Discuteva, asseriva, voleva convincere.
