Grandi mostre. 2
Gino Severini a Mamiano di Traversetolo

la ballerinae il professore

La Fondazione Magnani Rocca, custode della Danseuse articulée, capolavoro futurista di Severini, ospita la retrospettiva dedicata all’artista toscano con oltre cento opere esplicative della sua intera parabola creativa.
Uno dei curatori ci propone qui alcuni spunti di riflessione.

Stefano Roffi

Così Gino Severini descrive la sua Danseuse articulée presentata alla Galerie Boutet de Monvel nel gennaio 1916 in una Parigi desolata dalle partenze per la guerra: «Le opere esposte con i disegni e gli acquerelli erano trentasette; e fra queste opere ve ne era una curiosa intitolata Danseuse articulée e, fra parentesi: Tirez la ficelle et soufflez sur les plans mobiles. Avevo combinato un sistema di spaghi come in quegli Arlecchini che si danno ai ragazzi, nei quali, tirando uno spago, si mettono in moto quelli di gambe e braccia. Avevo poi costruito due piani situati in un perno, perpendicolari alla superficie del quadro; soffiando su questi piani essi si mettevano a girare su quel perno. Se si combinavano i due movimenti veniva fuori un gioco originale […] 

Mi divertii immensamente durante l’esposizione a vedere ogni visitatore mettersi a tirare lo spago e a soffiare sui piani mobili! […] Ci si divertirono pure tutti gli amici che, al di là della mia aspettativa, colsero l’occasione per farsi vivi con me e ritrovarsi fra loro. Vennero Picasso, Modigliani, Gris, Metzinger, Lipchitz, André Lhote, Survage, la baronne d’Oettingen». Quasi una marionetta da puparo ottenuta con inserzioni di cartoncino colorato comandate dai fili, applicate su un fondo scenico popolato da violinisti disarticolati e signore eleganti, un gioco infantile che si trasforma in un marchingegno ben progettato, che rispondeva anche al tentativo di Severini di immettere movimento vero in un’opera di pittura, statica per propria natura. Romana Severini, figlia del pittore, ricorda che questa Danseuse fu realizzata per far divertire la sorella primogenita Gina, nata pochi mesi prima. 


Un approccio sempre rinnovato:
prima divisionista, poi futurista,
cubista e classicista


Nel 1948 la “marionetta danzante” lascerà casa Franchina - Gina Severini aveva sposato lo scultore Nino Franchina nel 1939 - per approdare alla collezione di Luigi Magnani e raggiungere la sontuosa villa liberty sulla via Nomentana, a Roma, dove il professore, docente di Storia del manoscritto e del libro alla Sapienza, riceveva le massime personalità della cultura e dell’aristocrazia dell’epoca. Successivamente, un’altra villa di Magnani, quella di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, oggi sede della Fondazione Magnani Rocca, diventerà quel pantheon dell’arte dove il docente emiliano raccoglierà capolavori di ogni tempo e che oggi ospita la mostra Severini. L’emozione e la regola (in corso fino al 3 luglio), a cinquanta anni dalla morte dell’artista. 

Allestiti in sequenza tematica, gli oltre cento lavori esposti documentano l’intero percorso di Severini, dall’inizio del Novecento agli anni Sessanta. La sua pittura è caratterizzata da una sostanziale fedeltà ad alcuni soggetti, che emergono nei suoi esordi, declinati con approccio sempre rinnovato - prima divisionista, poi futurista, cubista e classicista - con riprese dove la creatività si unisce alla riflessione sul cammino compiuto. Sei le sezioni, che presentano i temi da lui maggiormente trattati: il ritratto/la maschera, la danza, la grande decorazione, la natura morta, il paesaggio, il libro d’artista. 

Magnani doveva amare veramente tanto la sua Danseuse; infatti, nel 1983, un anno prima di morire, in occasione dell’esposizione delle opere del tardo Ottocento e del Novecento nell’“orangerie” della villa di Mamiano, dal titolo Da Cézanne a Morandi e oltre, fra le tante e bellissime della sua collezione, scelse proprio quell’immagine per il manifesto dell’evento.


Danseuse articulée (1915), Mamiano di Traversetolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca.


Ritratto di Madame Paul Fort (Dynamisme d’un chapeau) (1913).