Cuore e primo motore di questa grande macchina devozionale è una miracolosa immagine della Beata Vergine, nella quale la Madonna e il Bambino sono rappresentati su un fondo cremisi, ornato di motivi a “ramesini”, sul quale campeggia la scritta «Mater Gratiae Mater Mis[er] ico[r]dia[e]». La tradizione popolare attribuisce la paternità di questa immagine mariana alla mano di san Luca, ma l’analisi stilistica e le ricerche effettuate nel corso dell’ultimo restauro (2007-2008)(1) hanno evidenziato come l’icona, dipinta su una tavola composta da un solo pezzo di legno di pioppo, sia in realtà da ascrivere alla seconda metà del XIV secolo. La sacra immagine, coniata sul modello bizantino della Madonna Eleousa - o Madonna della Tenerezza -(2), sembra quindi essere coeva o di poco antecedente all’edificazione del santuario, voluta nel 1399 da Francesco I Gonzaga (1366-1407), come monumentale segno di devozione alla Vergine, alla cui intercessione il signore di Mantova si era rivolto implorando la fine di una virulenta pestilenza che aveva colpito la città. Più che un’edificazione ex novo, si trattò in realtà di una rifondazione: una precedente chiesa dedicata alla Madonna - la chiesa di Santa Maria di Reverso - è infatti attestata nella medesima località già dal 1037(3). Del preesistente edificio restano tuttavia solo tracce documentarie: la riedificazione gonzaghesca, ascritta solo per via ipotetica a un progetto di Bartolino da Novara, ha evidentemente comportato la totale cancellazione di ogni fabbrica anteriore, legando in maniera indissolubile il santuario al nome della famiglia Gonzaga. Su imitazione dell’antenato fondatore del santuario, per intere generazioni i signori di Mantova mostrarono la propria devozione alla Vergine delle Grazie, soprattutto attraverso munifici ex voto, che, seppur andati dispersi a causa delle spoliazioni e dei furti che caratterizzarono le soppressioni settecentesche, restano ben attestati dalle fonti. Sappiamo per esempio che nel 1500 la marchesa di Mantova Isabella d’Este (1474-1539), moglie di Francesco II Gonzaga, offriva alla Vergine un putto in argento, pesante quanto l’agognato primogenito maschio, dato alla luce dopo dieci anni di matrimonio. Parimenti, croci d’argento e altri preziosi vennero offerti nel 1587 da Vincenzo I Gonzaga (1562-1612) e una copertura per il tabernacolo in oro, perle e granati fu presentata da Anna Caterina Gonzaga, contessa del Tirolo (1566-1621)(4).
L’intera costruzione
del santuario si deve
al termine di una pestilenza

