CABARET VOLTAIRE
Oggi il Cabaret Voltaire di Zurigo, al numero 1 di Spiegelgasse, è un luogo di ritrovo moderno, molto cool, che ospita nella cripta una mostra permanente, Dada in nuce. Qui cento anni fa, in una stanza fumosa e claustrofobica, nacque Dada, sodalizio intellettuale e artistico di giovani rifugiatisi in Svizzera da vari paesi per sfuggire la guerra e condannarla. E qui, dal febbraio scorso, si celebra una “maratona” di cinque mesi e mezzo, giusto quanto restò aperto, nel 1916, il cabaret, che poi fu chiuso per schiamazzi e oltraggio al pudore. Il locale era la trattoria dell’ebreo illuminato Jan Ephraim, che già un anno prima aveva concesso una stanza per il varietà letterario Pantagruel. Nel 1916 il trentenne tedesco Hugo Ball gli chiese dunque una sala «per fare cabaret». Una scrittrice ebrea lo finanziò. Hans Arp portò quadri dell’amico Picasso, e altri artisti contribuirono con le loro opere a una prima mostra, che si affiancò il 6 febbraio a una performance irripetibile, cui ne seguirono altre. I rumeni Tristan Tzara e Marcel Janco presentarono “poemi simultanei”. Janco creò maschere colorate, oggi divenute le sue opere più note, in un intreccio fra primitivismo, tragedia greca e teatro giapponese. Si alternarono soirée “russe” e “francesi”, si recitarono Apollinaire, Jacob, Rimbaud, si suonarono frenetici ritmi africani, in sintonia con l’interesse per l’art nègre. Leggenda vuole che Lenin vi facesse una capatina (abitava a pochi metri da lì). Insomma, un luogo rivoluzionario, all’origine di Dada, che come dichiarò nichilisticamente Hugo Ball, «non vuol dire nulla». Il 23 giugno Ball apparve sul palco come un “vescovo magico”: uno sciamano intubato in un cartone azzurro, con una mantella rosso e oro, che se lui muoveva i gomiti simulava lo sbattere delle ali; in testa, un imbuto bianco, rosso e blu. Ball salmodiò un’associazione di «versi senza parole », assonanze prive di senso che suggestionarono lui stesso, oltre a chi lo ascoltava: «Gadji beri bimba», vi ricorda qualcosa? Questo nonsense fu rievocato nel 1978 dai Talking Heads di David Byrne nelle strofe del ritmatissimo brano I Zimbra. Per chi voglia approfondire, il bel libriccino presenta brani da vari scritti di Ball, fotografie e documenti dada.