Così l’Antico come depositario di arcane verità riletto in chiave cristiana e tradotto da un’arte non solo perfettamente armonica ma anche permeata da un linguaggio poetico, raffinato e colto, concorse a favorire a Firenze la nascita del mito del Rinascimento come felice e ineguagliata “età dell’oro”. Fu Lorenzo de’ Medici (1449-1492) a prendere le redini della città nel 1469 e ad assicurare a Firenze - novella Atene - un posto centrale nel precario scacchiere della politica europea. Lorenzo il Magnifico fu animatore di un cenacolo di filosofi, umanisti, letterati, poeti e artisti, oltre che di politici e diplomatici, con i quali condusse una politica di prestigio volta a fare di Firenze un centro capace di influenzare i mercati e la vita intellettuale delle maggiori città europee. L’arte, la bellezza e una cultura raffinata assecondarono l’ascesa della dinastia medicea che col suo avvento portò in città un’estrema prosperità e un mecenatismo senza pari.
Opere d’arte, libri, gioielli e beni di lusso, simboli di quella ricchezza, divennero un mezzo di affermazione sociale e un mezzo di scambio attraverso
cui assicurarsi una fitta rete di alleanze a livello europeo.
Coinvolte in questo movimento avviato dai Medici verso una supremazia europea ci furono straordinarie personalità. Tra gli artisti più vicini e fedeli
ai Medici si distinse Andrea di Michele di Francesco Cioni, detto il Verrocchio (1434/1437 circa - 1488) il quale «fu ne’ tempi suoi orefice,
prospettivo, scultore, intagliatore, pittore e musico»(1). Non soltanto noto come maestro di Leonardo da Vinci, Andrea fu indubbiamente il maggior artista attivo a Firenze dalla metà degli anni Sessanta del
Quattrocento grazie al favore indiscusso dei Medici. Il suo ingegno multiforme e versatile, sempre alla ricerca di nuove soluzioni formali e
tecnologiche si andava distanziando dal lascito dell’eredità dei grandi maestri come Masaccio, Brunelleschi e Donatello.