Studi e riscoperte. 2
La scultura emiliana in terracotta nel Rinascimento

come in un teatro

Niccolò dell’Arca, Guido Mazzoni, Antonio Begarelli: tre autori che a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento con stili diversi – tra espressionismo, realismo e richiamo all’antichità – hanno realizzato, attraverso sculture in terracotta, scene sacre di coinvolgente drammaticità.

Giorgio Bonsanti

Niccolò dell’Arca (1435 circa - 1494), Guido Mazzoni (1450 circa - 1518), Antonio Begarelli (1498 - 1565): tre diverse personalità di scultori nell’Emilia fra Quattro e Cinquecento, le cui attività coprono giusto il raggio di un secolo, dal 1462 al 1565. Niccolò proveniva dall’Italia meridionale, e nel Compianto sul Cristo morto del santuario di Santa Maria della Vita a Bologna, documentato fra 1462 e 1463, appone la firma «Opus Nicolai de Apulia», dove «Apulia» (Puglia) indica un’origine generica. Della sua formazione d’artista nulla sappiamo, e la critica ha dovuto esercitarsi nella lettura e interpretazione del suo stile. Alcuni autori hanno insistito su «imprestiti» dall’arte toscana, in particolare da Donatello; altri hanno ipotizzato un primo periodo trascorso a Napoli, altri ancora addirittura anni di apprendistato in Borgogna, ravvisando influssi di Claus Sluter, attivo a Digione (piuttosto però per le successive figure in marmo dell’Arca di San Domenico, da cui Niccolò prende l’appellativo). 

Per la verità, il Compianto bolognese, sua prima opera conservata, presenta un’individualità immediatamente riconoscibile, per la quale non si potrebbero trovare facilmente dei confronti. Lo spettatore rimane fortemente colpito da un’arte potentemente espressiva, duramente realistica, altamente coinvolgente. Evidentemente l’autore si proponeva di provocare nel pubblico dei fedeli una forte reazione emotiva, quasi costringendoli a immedesimarsi nei personaggi sacri raffigurati, a condividere quel dolore così insostenibile da stravolgerne i gesti e le fisionomie. Si dimostra così abbastanza inevitabile fare uso della definizione di “espressionismo” per caratterizzare il clima psicologico dell’avvenimento rappresentato, e la cifra stilistica delle figure che lo interpretano. Alcune di esse sembrano soffrire un dolore più interiorizzato, anche se non per questo meno lacerante; così il san Giovanni Battista, che poggia il mento sulla mano destra, e Nicodemo (con la tenaglia e il martello per estrarre i chiodi), dall’aspetto quasi smarrito.


Niccolò dell’Arca, Compianto sul Cristo morto (1462-1463), particolare, Bologna, Santa Maria della Vita.