Il Quattrocento vede letteralmente rinascere, sotto l’impulso dell’entusiastica passione per l’antico e per le sue più cospicue reliquie conservate - in particolare il Marco Aurelio allora presso il Laterano, i cavalli impennati dei Dioscuri del Quirinale, ma anche i Cavalli di San Marco e il Regisole di Pavia (oltre che, ovviamente, i rovesci delle monete imperiali romane, dove spesso era raffigurato l’imperatore a cavallo) - l’idea del monumento equestre destinato a onorare e perpetuare il valore e le virtù del condottiero.
Il XV secolo conosce le più alte realizzazioni monumentali del genere, tutte e due a opera di artisti fiorentini, il Gattamelata di Donatello a Padova e il Colleoni del Verrocchio a Venezia, destinati a diventare un modello e un imprescindibile punto di riferimento per gli artefici successivi, almeno quanto lo fu il Marco Aurelio. Meno nota, ma non meno significativa, dovette essere la statua equestre di Niccolò III d’Este a Ferrara, opera perduta ma celebrata dal De equo animante di Leon Battista Alberti. Anche un altro Este, Ercole I, volle che il proprio ritratto equestre dominasse la «platea nova», la piazza Nuova (oggi Ariostea) di Ferrara, ma il lavoro fu interrotto a causa della sua morte nel 1505. Infine, un altro sovrano illustre, Alfonso d’Aragona, aspirò al prestigio di una statua equestre di mano di Donatello: il progetto non andò oltre la realizzazione, da parte del maestro fiorentino, di una colossale testa bronzea di cavallo, più tardi donata da Lorenzo il Magnifico al conte napoletano Diomede Carafa.
