Il gusto dell'arte


nella terra
dell’abbondanza

di Ludovica Sebregondi

Un viaggio nel Bel paese alla scoperta delle tradizioni culturali e sociali che legano arte e cucina regionale. Quarta tappa: Emilia Romagna

«Tutte le società, tutte le feste / Cominciano e finiscono in pappate / E prima che s’accomodin le teste / Voglion esser le pance accomodate». Con questi versi Pellegrino Artusi, romagnolo di Forlimpopoli, chiude il Prologo del suo manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, pubblicato nel 1891 a proprie spese, dato che nessun editore aveva creduto in un libro che è poi diventato uno dei principali “long seller”, ancora oggi tra quelli italiani più venduti e tradotti.

Le parole incarnano lo spirito di una terra costituita da due “sottoregioni”, Emilia e Romagna: divise dal fiume Sillaro, unite da un punto di vista amministrativo, eppur diverse a cominciare dalle caratteristiche geografiche. L’Emilia è terra soprattutto di pianura, fertile (il suo capoluogo, Bologna, è “la dotta, la grassa, la rossa”) mentre la Romagna è più asciutta, contraddistinta dalle colline e dal mare. Tortellini contro cappelletti, tacchino farcito contro piadina, bolliti contro brodetto.

Ambedue territori amanti del vino e del cibo, anche se - narra un aneddoto - uscendo da Bologna sulla via Emilia e andando in direzione di Modena, se si chiede da bere si riceve acqua, mentre verso Imola si ottiene vino, perché in Romagna il vino è chiamato “e’ bé”, il bere, tanto è fondamentale. Ma certamente ovunque l’attenzione alla buona tavola è alla base non solo della convivialità, ma del quotidiano.