passato
e presente

L’idea del dialogo tra passato e presente attraverso la compresenza di figure reali e statue antiche si ritrova nelle Amiche di Ubaldo Oppi, in mostra nella Biennale del 1924 dove si era affermato con una sala personale: un privilegio alla base del distacco piuttosto traumatico da quel “Gruppo di Sette pittori del Novecento” del quale era stato tra i fondatori.

Nelle considerazioni di Ugo Ojetti sulla pittura di Oppi, espresse presentandolo nel catalogo della Biennale e in un articolo a lui dedicato nella rivista “Dedalo” del maggio 1924, si ritrovano anche le ragioni per le quali Roh avrebbe scelto Le amiche per l’apparato illustrativo del suo Realismo magico: «Ecco un’arte che si parte dal vero, ma lo domina, lo sceglie e lo ordina per creare qualcosa che sia più durevole e consolante della fugace realtà». Le amiche, un dipinto dal sottile erotismo, evidenzia un altro aspetto rilevante della nuova pittura di quegli anni, individuato da Ojetti in una sorta di nostalgica visione del mondo antico che non è tuttavia semplicemente riconducibile a un classicismo di maniera o di facciata, pacificato e tranquillizzante, ma comporta quello scarto verso il misterioso e il non detto generatore di tutt’altre prospettive. Un dialogo silenzioso prende forma attraverso un meccanismo perfetto d’incroci di sguardi e atteggiamenti tra le due donne e una scultura emergente da un fondo indistinto: è l’Amazzone Mattei, considerata la migliore traduzione romana in marmo, ora conservata nel Museo pio-clementino al Vaticano, di una statua bronzea di Fidia risalente al V secolo a.C. La messa in scena carica di tensioni che ne deriva si direbbe alludere, nel quadro, al motivo tipicamente “magico” del rapporto tra ciò che è vivo e ciò che vivo non è. Nella stessa Biennale veneziana Mario Sironi, esponendo con il gruppo novecentista orfano di Oppi, presentava uno dei suoi pezzi più “magici”, L'allieva, a sua volta impostato su una muta dialettica tra una figura e una statua, tra umano e non umano. Questa volta la statua non replica alcun esemplare antico, ma è l’immagine di una sorta di scultura classica ideale, forse metafora di un’irrealizzabile aspirazione alla bellezza e alla perfezione: un tema ancor più esplicito nel successivo e ben più analitico Nudo femminile con testa in gesso del tedesco Georg Scholz. In Sironi, altri riflessi di un astratto mondo di idee sono le forme semplificate al massimo dell’anfora - il cui ovale pare replicarsi nel volto malinconico dell’allieva -, della squadra e della piramide che si profila nella luce di un misterioso e lontano “oltre”, al di là di una classica apertura ad arco.