Studi e riscoperte. 2
Il volto della Vittoria di Henry De Groux

luce sulla
follia

A muovere la sua ispirazione sono state le atrocità del primo conflitto mondiale, denunciate in modo lucido e senza alcuna intenzione retorica. Questa la premessa che fa da sfondo a Il volto della Vittoria, una raccolta di oltre quaranta incisioni del belga Henry De Groux.

Carol Morganti

Gran parte delle opere che denunciano gli orrori della Grande guerra risalgono agli anni immediatamente successivi al conflitto. Le truci tavole dal titolo La guerra, di Otto Dix, per esempio, uscirono nel 1924. Nello stesso anno furono pubblicate le struggenti grafiche della serie Guerra di Käthe Kollwitz. Tra le immagini coeve ispirate alle vicende belliche, invece, una netta prevalenza risponde a una logica più o meno velatamente propagandistica. In questo contesto, si segnala per il dirompente contenuto antimilitarista l’opera dell’artista belga Henry De Groux (1866-1930), la cui figura, pur molto nota al suo tempo, è oggi, per le incostanti vicende che governano la fortuna critica, sostanzialmente misconosciuta. In particolare la sua raccolta di incisioni Il volto della Vittoria (Le Visage de la Victoire), esposta la prima volta nel 1916, costituisce un vero monumento, inteso nel senso etimologico del termine, consacrato a quei fatti: “ad monitum”. Queste tavole nascono dalla lucida volontà dell’autore di documentare, senza retorica ed eludendo i vincoli della censura, ciò che davvero avveniva lungo il fronte francese. Ne è risultato un corpus di quarantadue opere - cui si aggiungono il frontespizio e due incisioni corredanti il testo di prefazione - d’immane potenza visionaria, che mettono in piena luce la follia e i paradossali meccanismi interni della prima guerra globale: «L’enormità degli eccessi, la demenza, l’orrore dei massacri oltrepassano qui la potenza del dolore e ogni possibile pubblica condanna di una vana filantropia» (dall’introduzione dell’autore).


«L’enormità degli eccessi, la demenza, l’orrore dei massacri oltrepassano qui la potenza del dolore»
(Henry De Groux)