Studi e riscoperte. 3
Piero di Cosimo e l'arte fiamminga

realismo
fantastico

Come può un’opera provocare una radicale virata nello stile e nel gusto pittorico di un’epoca? è quanto è avvenuto a Firenze alla fine del XV secolo con l’arrivo del Trittico Portinari di Hugo van der Goes: da quel momento gli artisti del capoluogo toscano non potranno più fare a meno del naturalismo fiammingo. Tra gli interpreti più appassionati e originali troviamo Piero di Cosimo.

Elena Capretti

Il 28 maggio del 1483 i fiorentini vennero scossi dall’arrivo di un immane dipinto: il trittico raffigurante l’Adorazione del Bambino che Tommaso Portinari, direttore della filiale del banco Medici a Bruges, aveva commissionato al migliore pittore della città fiamminga, Hugo van der Goes(1). Una volta giunti a Firenze, i tre pannelli furono sistemati sull’altare maggiore della chiesa di Sant’Egidio appartenente all’antico Spedale di Santa Maria Nuova, fondato dalla famiglia Portinari nel lontano XIII secolo. Non era certo il primo dipinto d’oltralpe giunto nella città toscana. Nelle case di mercanti e banchieri - primi fra tutti i Medici, signori della città - ma anche in chiese e conventi, da tempo si conservavano e si collezionavano opere nordiche, di soggetto sacro e profano, che suggerivano agli artisti locali iconografie insolite, un descrittivismo minuto come attraverso una lente di ingrandimento, tecniche seducenti come la pittura a olio dalle elevate potenzialità mimetiche. Ma a Firenze non si era mai vista un’opera forestiera così grande come il Trittico Portinari, che nell’aula di Sant’Egidio si imponeva come una vera e propria “macchina d’altare”. Per giorni i fiorentini entrarono nella chiesa per ammirare quella straordinaria scena in cui tutto risulta di una verità epidermica stupefacente, invasa da un’aria luminosa che infonde a ogni particolare una vita propria, isolandolo dal contesto.