La pagina nera

ma quelle bIblIoteche
dIventeranno cIeche?

Rischiano di chiudere o di finire in mani private le nostre biblioteche statali. Il servizio, quando è “garantito”, spesso lo è solo per poche ore. Scarsi gli investimenti di risorse economiche e umane, fermi i progetti di ricerca. Risultato: dopo l’assegnazione di venticinque posti al settore su cinquecento messi a concorso per il Ministero dei Beni culturali, la scorsa primavera il Comitato scientifico si è dimesso.

di Fabio Isman

In un’Italia dove nessuno, o quasi, si dimette mai, la scorsa primavera l’ha fatto l’intero Comitato di settore del Ministero dei Beni culturali preposto alle biblioteche e agli istituti culturali. Non gente barricadera, protestataria o velleitaria; ma quattro studiosi di tutto rispetto, equilibrati e saggi, eletti dal personale del dicastero, dal Consiglio universitario nazionale o nominati proprio dal ministro Dario Franceschini. Se ne sono andati in blocco, mai successo, per sottolineare in quale grave crisi versi (oggi; e in prospettiva, ancor più nel futuro abbastanza immediato) l’intero comparto dei luoghi pubblici italiani in cui si conserva, e si dovrebbe poter consultare, un autentico e inestimabile tesoro della memoria: milioni e milioni di libri anche rari e antichi; più di quaranta milioni tra manoscritti, incunaboli, edizioni a stampa, periodici, testi di musica, mappe geografiche, stampe e incisioni, solo nei quarantasei istituti statali. «Senza novità, tra cinque anni alcune biblioteche, anche tra le più rilevanti, dovranno chiudere, o essere affidate ai privati, o a una cooperativa», spiega Mauro Guerrini che presiedeva il Comitato tecnico scientifico, docente universitario, tra i massimi esperti del settore.

Con lui, se ne sono andati Paolo Matthiae, l’archeologo che ha scoperto la città e la civiltà di Ebla; Luca Bellingeri, direttore della Biblioteca nazionale centrale di Firenze; il filosofo Gino Roncaglia; mentre Giovanni Solimine, tra i migliori studiosi del libro e della lettura e docente all’ateneo della Sapienza a Roma, si è invece dimesso dal Consiglio superiore dei Beni culturali. Un piccolo terremoto; ma perché?
Causa scatenante è stata l’assegnazione di appena venticinque posti al settore, tra i cinquecento del concorso per assumere (finalmente!) personale per il Ministero. «Iniziativa positiva, dopo che da decenni non accadeva; ma i vuoti in organico sono almeno il triplo; e l’età media dei dipendenti, sessant’anni, la più elevata nel Ministero: in breve tempo, magari prima ancora delle nuove assunzioni, tanti altri andranno via», spiega Matthiae; «in questo caso, non è possibile applicare un parametro puramente proporzionale con gli altri settori dei Beni culturali, un sistema solo meccanicistico».