Studi e riscoperte. 1
Ledger Art

nativi
creativi

Alcune testimonianze artistiche tra XIX e XX secolo, nell’ambito delle culture dei nativi nordamericani, mostrano la nascita di un linguaggio figurativo che trasporta su carta, spesso su quadernetti da ufficio, le raffigurazioni tradizionali: è la Ledger Art.

Philippe Daverio

Una trentina d’anni fa, o forse erano quaranta, Alberto Burri mi raccontava, seduto a Città di Castello dinanzi a un caffè corretto con anice, di aver scoperto la propria inclinazione alla pittura quando, da ufficiale medico dell’esercito italiano prigioniero in Texas alla fine della seconda guerra mondiale, gli furono dati dei colori per passare il tempo della reclusione. Era questa una pratica non del tutto nuova, in America, visto che già era successo quando gli “indiani” - sioux, cherokee e altri - erano stati confinati nelle riserve, alla fine del XIX secolo. Burri scopriva in quegli anni la primordialità estetica che si celava in fondo alla sua anima da ufficiale medico umbro. Oltre mezzo secolo prima gli indiani d’America avevano scoperto in modo analogo il mondo magico della carta e delle matite e lo avevano caricato dei loro fantasmi seguendo la visione estetica che precedentemente avevano usato per la decorazione dei teepee.

Una delle testimonianze più vivide delle arti visive dei popoli che abitavano le terre dell’America del Nord prima della definitiva colonizzazione del XX secolo è quella raccolta nei taccuini di carta che gli indigeni raccoglievano sin dalla fine del XVIII secolo e che erano per loro motivo di meraviglia. L’arrivo della carta e dei colori ad acquerello offriva loro un mezzo espressivo senza codice prestabilito; lo usarono seguendo una linea naturale che riprendeva in parte le loro tradizioni decorative ma al contempo scopriva la narrazione pittorica della loro tragedia.