Studi e riscoperte. 2
Inuit: tra tradizione e arte

se l’artista
È uno sciamano

Per il popolo inuit, concentrato soprattutto sulla propria sopravvivenza, l’arte - parola non contemplata dal vocabolario in uso - era legata alla produzione di manufatti, spesso amuleti, atti ad allontanare le avversità durante la caccia e la pesca. In che termini dunque possiamo parlare di arte inuit? E in che modo gli artisti hanno raccolto l’eredità di una cultura millenaria?

Jean Blanchaert

Ben sessantamila persone, un po’ più della metà della popolazione inuit della terra, vivono oggi in Groenlandia, la più grande isola del mondo coi suoi duemilionicentosettantacinquemilaseicento chilometri quadrati, sette volte l’Italia. La Groenlandia, pur trovandosi geograficamente nell’America settentrionale, è una nazione autonoma in seno al regno di Danimarca. Gli altri inuit, conosciuti anche col nome di eschimesi, vivono più a ovest, in Canada, nelle isole del mar Glaciale Artico, nell’isola di Baffin e perfino nella penisola del Labrador. Gli inuit popolano anche l’Alaska, sulle coste del mare di Beaufort, in territorio statunitense. Ancora un poco più a ovest, al di là dello stretto di Bering, nella punta estrema della Siberia, nella penisola dei Ciukci, sono stanziati, in Asia, altri gruppi di questa popolazione. Ed è proprio attraverso lo stretto di Bering che, otto-diecimila anni or sono, cacciatori provenienti dalla Siberia si sono stabiliti in quella che ora è l’Alaska. Sono i primi paleoeschimesi e alcuni dei loro discendenti hanno continuato la migrazione fino alla Groenlandia orientale, di fronte all’Islanda, intorno al 2300 a.C. Ad avvalorare l’ipotesi di questa lontana provenienza asiatica ci sono anche la somiglianza somatica e una forte analogia fra il celeberrimo “throat singing” (canto di gola) mongolo e quello inuit.

«Il complesso linguistico dal lembo estremo della Siberia alla Groenlandia costituisce il più ampio territorio accomunato da un unico gruppo linguistico»(1).


Spesso gli autori di questi oggetti sono gli “angakkut”, gli sciamani, guaritori, visionari, psicologi e custodi del sacro


La parlata inuit è una lingua cosiddetta polisintetica, che porta all’estremo la capacità di sintesi attraverso un sistema di prefissi e suffissi. Certi verbi possono terminare in settecentoventicinque modi diversi. Da un nucleo centrale si diramano parecchi concetti formando una sola lunghissima parola, traducibile in altre lingue con un’intera frase.