Il rientro a Venezia non comportò vistosi mutamenti nelle abitudini del pittore che continuò a partecipare con regolarità alle mostre cittadine e alle varie Promotrici italiane, proponendo scene d’interno spesso ambientate in ambienti monumentali, come nel caso della Veduta dell’interno della chiesa di San Marco a Venezia, presentata alla mostra della Reale Accademia della città nel 1868, comunque impostate sulla presenza incombente di una figura umana, come i critici più conservatori rilevavano con disapprovazione. Quel che invece andava cambiando era lo stile messo a punto da Zandomeneghi sempre più propenso ad adottare una stesura densa d’impasti, unita all’uso di colori decisi resi più vividi dai contrasti chiaroscurali; una maniera assolutamente confacente a infondere vitalità e carattere ai protagonisti dei suoi “quadrettini”, i cui soggetti contemporanei e privi di implicazioni narrative - L’attesa, Il primo chignon, Paul de Kock - venivano tacciati di futilità, quando non proprio di cattivo gusto, sebbene ne venissero apprezzate le qualità disegnative e di composizione.
I rapporti con l’ambiente fiorentino, inevitabilmente diradati data la lontananza, rimanevano comunque saldi, e anzi la morte di Abbati, avvenuta nel febbraio 1868, fortificò il legame d’amicizia tra Federico e Diego Martelli «forse l’unico», come gli confidò il pittore, a sapere quanto lui e Beppe fossero stati «legati d’amicizia».
La profonda amicizia che univa Zandomeneghi e Martelli, testimoniata dal tono schietto e confidenziale della loro corrispondenza, si manifesta in
maniera lampante nel ritratto che Federico fece all’amico fra il dicembre 1869 e il gennaio 1870, quando fu ospite di Diego e della madre a Firenze.