Arte contemporanea Biennale di Shanghai Cristina Baldacci empre più spesso capita che siano gli artisti a curare mostre. Come nel caso della prossima Biennale di Shanghai (dall’11 novembre 2016 al 12 marzo 2017), dove tema e partecipanti sono stati scelti dai Raqs Media Collective, compagine artistica di cui fanno parte gli indiani Jeebesh Bagchi, Monica Narula e Shuddhabrata Sengupta, che collaborano dal 1992 e hanno già alle spalle importanti curatele, tra cui Manifesta 7 a Bolzano (2008) e INSERT2014 a Delhi. S , titolo della undicesima Biennale di Shangai, fa appello a un nuovo inizio Why Not Ask Again? Questo nuovo appuntamento si inserisce in un programma autunnale già particolarmente vivace per l’arte contemporanea della metropoli cinese: fino al 13 novembre continua la rassegna Shanghai Project (cfr. “Art e Dossier”, n. 335, settembre 2016, p. 12), mentre in concomitanza con la Biennale inaugura ART021, fiera giunta alla quarta edizione, che quest’anno riunisce un’ottantina di gallerie, molte delle quali tra le più influenti a livello internazionale (tra gli altri, partecipano per la prima volta “big” come David Zwirner, Greene Naftali, Hauser & Wirth e Massimo De Carlo). Un ritratto dei Raqs Media Collective, gruppo di artisti curatori della undicesima Biennale di Shanghai. Il tema della Biennale, che trae ispirazione da un film dell’avanguardia indiana degli anni Settanta − Jukti Takko Aar Gappo di Ritwik Ghatak −, insiste sul confronto tra pensiero e creazione occidentaleorientale, cosa non nuova per le grandi mostre asiatiche, che sono impegnate a ridefinire l’identità e il ruolo della propria arte e cultura. La domanda centrale che i tre curatori rivolgono ad artisti e pubblico per generare un brulichio di argomentazioni, storie, dibattiti e visioni è «perché non chiedere ancora?» (dal titolo della mostra, Why Not Ask Again?). Domanda che risuona come uno slogan, un manifesto politico-sociale, oltre che culturale, considerando anche il fatto che il film a cui si rifanno i Raqs Media Collective è nato sull’onda del Sessantotto indiano, con sullo sfondo le vittorie e sconfitte ideologiche della ribellione naxalita. Nel 1974, anno in cui completò il suo lungometraggio, il regista Ritwik Ghatak aveva intuito che per il suo paese, messo a dura prova dal divario sociale e dal crollo dei valori morali, era arrivato il momento di un giro di boa. Il titolo della Biennale esprime il desiderio, la necessità di un nuovo inizio, ma equipaggiandosi prima degli strumenti adeguati, perché il cambiamento non rimanga soltanto allo stato delle idee o, peggio, non rischi di diventare fallimentare. Ad aprire e stimolare il dibattito con le loro opere sono stati invitati, tra gli artisti più impegnati in ambito sociale, politico, identitario, la guatemalteca Regina José Galindo, l’argentino Tomás Saraceno, il beninese Georges Adéagbo, il cinese Yang Zhenzhong, l’indiano Moinak Biswas, i danesi SUPERFLEX (altro collettivo formato da Jakob Fenger, Rasmus Nielsen, Bjørnstjerne Christiansen). 11th Shanghai Biennale Shanghai, Power Station of Art 11 novembre 2016-12 marzo 2017 www.shanghaibiennale.org