Nell’agosto del 1888 si incontrarono a Pont-Aven, in Bretagna, Paul Gauguin ed Emile Bernard. Il primo, già quasi quarantenne, aveva alle spalle una vita complicata e accidentata: marinaio, agente di borsa, mancato imprenditore, collezionista d’arte; sposato a una danese e padre di cinque figli, versa in difficoltà finanziarie progressivamente crescenti. Conquistato dalla pittura in termini totalizzanti vi si dedica con passione e furore trovando in Camille Pissarro un maestro e una guida. Quando giunge a Pont-Aven egli sta vivendo un momento delicato e cruciale nel suo percorso artistico, ma già dispone di un bagaglio tecnico oltre che di una determinazione ferrea a imporsi sulla scena dell’arte. Emile Bernard è appena ventenne: sta riflettendo e sperimentando su un suo particolare approccio alla pittura riconducibile a una essenzializzazione del linguaggio, alla rinuncia alle regole classiche della rappresentazione, alla grammatica delle proporzioni e alla sintassi della prospettiva.
Rinuncia altresì allo sfumato, al dettaglio, alla verosimiglianza. Bernard inoltre introduce quel “cloisonnisme”, cioè il contornare le macchie di
colore entro una linea scura al modo delle vetrate medievali, che sarà un altro ricorrente stilema di questo momento.