L'“archistar” italiana Massimiliano Fuksas crea il nuovo edificio degli archivi, con 350 milioni di euro dello Stato: ma di quello francese; perché siamo a Pierrefitte-sur-Seine, a nord di Parigi, dove lo ha realizzato tre anni fa. Perché, da noi, i centouno luoghi statali che conservano la memoria collettiva del paese sono in condizioni assai disastrose. Pochi uomini e mezzi, nonostante i recenti sforzi del ministro; antiquati e con scarse speranze per il futuro, almeno immediato. Perfino Lorenzo Casini, giurista e consigliere tra i più seguiti da Dario Franceschini, parla del «pessimo trattamento del settore negli ultimi quindici anni» da parte del ministero, e cita stipendi tra i più bassi: nel 2013, per gli straordinari c’erano in media 88 euro per dipendente, contro i 145 del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e gli oltre 300 di altri dicasteri. La famosa indagine della Commissione Franceschini (del 1960, nessuna parentela con l’attuale ministro) dice che gli scaffali in cui il passato è allineato costituiscono un primato italiano: ne possediamo il doppio di tutta l’Europa messa assieme; 1.563 chilometri di lunghezza: la distanza che c’è tra Roma e Parigi. Quasi un decimo del totale sono soltanto quelli dell’Archivio centrale di Stato a Roma, sorto nel 1960 e al quale tutti i pubblici uffici versano i loro documenti: è uno dei dieci più grandi al mondo, e presto ne riparleremo.
La pagina nera
i rimedi sugLi archivi
saran sempre un po’ tardivi
Ancora brutte notizie sul nostro patrimonio. La situazione degli archivi è a dir poco drammatica. Personale perlopiù ridotto all’osso, quando c’è, anziano e non sempre formato. Concorsi saltuari e non sufficienti a coprire l’uscita di chi andrà in pensione. Per non parlare delle sedi, magari storiche ma spesso con gravi problemi. Che fine farà la nostra memoria? E nel resto d’Europa come vanno le cose? E la sfida del digitale?
di Fabio Isman