Che cosa significa essere contemporanei e qual è il nostro legame con la tradizione? Stando a quanto scrive Giorgio Agamben, è davvero contemporaneo chi non corrisponde del tutto all’oggi, chi, proprio grazie a questa sua inattualità, si trova a vivere uno scarto temporale che gli permette di capire veramente il presente.
Questa chiave di lettura coincide con le scelte tematiche della prossima Biennale di Kochi-Muziris, nell’India meridionale, dove Sudarshan Shetty,
artista e, in questa occasione, anche curatore, ha chiamato a sé colleghi da tutto il mondo per riflettere sul presente in rapporto alla tradizione, al
senso di collettività e all’impegno sociopolitico. Per Shetty il contemporaneo si sfaccetta in una temporalità multipla, in un flusso di immagini che si
formano, come recita il titolo della mostra, “nella pupilla dell’occhio” (Forming in the Pupil of an Eye). Tra gli artisti suoi connazionali,
ha invitato Mansi Bhatt (Gujarat, 1975), performer e fotografa che lavora tra realtà e finzione per esprimere l’incertezza della vita e della propria e
altrui identità. Nelle sue messe in scena fotografiche è lei stessa a interpretare, travestendosi con protesi e maquillage sempre diversi, ruoli
maschili e femminili calati in ambienti tipicamente indiani: interni domestici con rudimentali giacigli, strade e angoli cittadini sgangherati, ma con
coloratissimi banchetti strabordanti di bricà- brac, bevande e cibi speziati. Queste immagini dell’India contemporanea hanno però qualcosa di sospetto.
Se si osserva l’intera serie fotografica di Bhatt (A Suite, 2009), non solo ci si accorge che i personaggi rappresentati, un venditore ambulante, una
donna sulla soglia di casa, un contadino in bicicletta, uno scolaretto, sono tutti suoi alter ego. Si scorgono anche quelle discrepanze temporali e
spaziali che l’artista produce sovrapponendo differenti situazioni e contesti per offrire una diversa immagine della realtà. Nella lista dei
partecipanti, insieme a Mansi Bhatt, ci sono circa una ventina di altri artisti indiani, diversi nomi internazionalmente noti, tra cui il turco Ahmet
Ögüt, il polacco Paweł Althamer, il canadese Stan Douglas, e un italiano, Daniele Galliano (Pinerolo, 1961), pittore al quale piace mescolare le carte
tra passato e presente, reale e immaginario, inteso più come distorsione della realtà che come fantastico. Una sua recente serie si avvicina
concettualmente al lavoro di Bhatt: in Bad Trip (2013), Galliano si è appropriato di paesaggi anonimi, trovati al mercato delle pulci di
Torino, sui quali ha dipinto personaggi appartenenti a un altro tempo e luogo realizzando visioni anacronistiche.