Intervista
Ai Weiwei

IL MIO POSTO
NELL’ERA DELLA
GLOBALIZZAZIONE

Un faccia a faccia con Ai Weiwei, grazie all’intervista realizzata dal direttore di Palazzo Strozzi a Firenze, dove prosegue con successo la prima mostra italiana dedicata all’artista cinese.

Arturo Galansino

Dagli inizi della tua carriera a oggi cosa è cambiato nel mondo dell’arte? Come percepisci questi cambiamenti e quali sono le urgenze più importanti?

Prima della globalizzazione l’arte era associata alla politica locale. Aveva a che fare con la storia locale e con lo sviluppo lineare di paesi come la Russia, la Cina, l’America, e così via. Dopo la globalizzazione, il cosiddetto periodo postmoderno, l’arte ha cominciato a manifestare idee relative a nuovi conflitti derivanti dalle condizioni culturali e dalle politiche globali, come la globalizzazione e Internet. L’informazione libera offerta a tutti è l’arte di oggi. Questo è su un livello completamente diverso rispetto all’arte del passato perché il nostro accesso e i nostri modi di comunicazione sono cambiati, la lingua e le piattaforme che usiamo per comunicare tra noi si sono completamente trasformate. Per questo motivo ci sono artisti come me. Non c’era posto per me in quel sistema del passato; gli anni che ho trascorso negli Stati Uniti lo hanno dimostrato. Si può dire che oggi c’è Ai Weiwei, e che è tutto dovuto alla globalizzazione e all’emergere del ruolo che la Cina gioca sulla scena mondiale. È per via del mio approccio e dell’uso di Internet, dei social media, e della possibilità di esprimere le mie opinioni sulle nuove questioni politiche, sia che abbiano a che fare con la Cina sia che abbiano a che fare con la politica internazionale, che io sono l’artista che sono oggi. Questa è una possibilità che né Leonardo da Vinci né Andy Warhol avevano ai loro tempi.