Il lavoro di Alis/Filliol, nome d’arte che Davide Gennarino (Pinerolo, 1979) e Andrea Respino (Mondovì, 1976) si sono dati riprendendo i cognomi delle loro mamme, si definisce come un agire dall’interno, a livello tecnico-formale così come linguistico. Oltre a inserirsi nella lunga tradizione scultorea, di cui recuperano codici, materiali e procedimenti, che rinnovano attraverso una pratica altamente sperimentale, i due artisti si collocano in prima persona “dentro alla scultura” usando il proprio corpo come termine di paragone e misura. Cosa che permette loro di testare, e di conseguenza anche oltrepassare, un doppio limite: quello fisico del momento performativo e quello materico legato allo sviluppo processuale del lavoro, che tende, proprio per questo, a rimanere nella condizione del non-finito, o meglio, com’è stato giustamente notato, del «non finibile».
Di questo modo di procedere è un esempio Occupare il minor spazio possibile (2010). Mentre uno dei due artisti (Gennarino) stava rannicchiato su un
pallet di legno costituendo con il suo corpo l’anima della scultura, l’altro (Respino) lo rivestiva prima di pellicola di alluminio e poi di poliuretano
espanso per dare forma al calcoopera. Per riuscire a respirare in quella condizione claustrofobica, in cui ha rischiato l’asfissia - tanto che a un
certo punto Respino lo ha sostituito -, Gennarino era attaccato, quasi fosse un cordone ombelicale con l’esterno, a un tubo-boccaglio, che è poi rimasto
a far parte dell’opera.