il prossimo 22 febbraio saranno passati trent’anni esatti dalla morte di Andy Warhol. Eppure, nonostante un tempo già abbastanza lungo la sua influenza è ancora palpabile nel nostro presente ed è ben lungi dal considerarsi esaurita. Il cinema continua a interessarsi alla sua figura - è recente la notizia che nel 2017 Jared Leto, attore di culto, interpreterà il divo pop in un film di cui ancora non si sa molto. E poi la pubblicità, la moda, la televisione (che l’artista fece appena in tempo a conoscere, senza sfruttarne appieno le possibilità), la musica, l’editoria fino addirittura alla più importante invenzione del nostro inizio secolo, ovvero quei social network che incarnano la più celebre delle sue innumerevoli profezie: «Ciascuno in futuro avrà diritto ad almeno quindici minuti di celebrità».
La ragione del persistere dell’interesse nei suoi confronti sta semplicemente nel fatto che con Andy Warhol comincia l’arte contemporanea così come noi
oggi la intendiamo. Certo, molto si deve al fatto che la sua esplosione coincide con gli anni Sessanta, decennio d’oro per l’Occidente postbellico in
cui l’asticella creativa era posizionata davvero in alto. Se nel calendario della musica pop c’è un ante e un post Beatles, allo stesso modo in quello
dell’arte dobbiamo parlare di un “before Andy” e di un “after Andy”.