Orazio Lomi Gentileschi (Pisa 1562 - Roma 1640) non nasce sotto una buona stella. Raffinato pittore della luce e della forma, caravaggesco sui generis, ha una vita travagliata.
Che fosse di carattere difficile, ombroso e vendicativo, che avesse nemici e denigratori, lo raccontano tutte le fonti. Il suo collega Giovanni Baglione dice di lui nella biografia del 1642: «Se Horazio Gentileschi fosse stato di humore più pratticabile, avrebbe fatto assai gran profitto nella virtù, ma più nel bestiale che nell’umano egli dava».
Dopo una prima formazione nella bottega di famiglia a Pisa, Orazio si era trasferito a Roma giovanissimo, tra il 1576 e il 1580. Nel primo decennio del Seicento era un affermato pittore naturalista, con un affollato atelier in una città dove erano all’ordine del giorno le risse tra gli artisti e la concorrenza era spietata.
Tra i primi avversari, proprio il pittore Baglione, un osso duro. Con lui gli screzi e le ritorsioni furono aspre. Orazio si era offeso quando Baglione gli aveva venduto, in piombo anziché in argento, piccole Madonne portate da Loreto.
Poi c’erano state tensioni per la presentazione nel 1602, nella chiesa romana di San Giovanni Decollato, dell’Amor sacro sconfigge l’Amor profano di Baglione in concorrenza con un perduto San Michele arcangelo di Orazio. Gentileschi si era vendicato facendo girare libelli malevoli contro il collega definito «coglion […] e becco fottuto». Il tutto in accordo con Caravaggio, di cui Gentileschi era diventato amico, con frequentazioni dal 1600 al 1603, scambi di strumenti di lavoro, e deciso schieramento a suo favore nel processo intentato da Merisi contro Baglione, colpevole di imitare la sua pittura per rubargli le commissioni. Una lite acerrima, un odio ancora vivo a metà anni Venti, quando Gentileschi e Baglione si erano trovati casualmente insieme alla corte parigina di Maria de’ Medici. E mai sanato.
