Nel Triplice ritratto di Vienna, come nelle opere pensate secondo una narrazione in forma cinetica e a episodi(1), Lotto traduce visivamente la complessa «immagine mobile dell’eternità», evocata da Platone nel Timeo (37d) e ripresa dai neoplatonici rinascimentali. Il soggetto(2) - fatto a immagine di Dio trinitario - occupa tre punti diversi nello spazio, tutti contemporaneamente o come se si trovasse in una sovrapposizione di momenti distinti nel tempo e accorpati in un’unità narrativa. Le tre anime dell’uomo neoplatonico si guardano vicendevolmente, in un sottile viaggio contemplativo della mente: «Habbiamo tre anime: delle quali quella che è più verso Dio, è chiamata da Mercurio Trismegisto et da Platone mente»(3). Già sant’Agostino asserisce che, attraverso l’“intellectus”, si può conoscere e trovare la verità, per mezzo della “voluntas” si può educare il volere all’amore per la verità, e con la memoria si può ricordare la verità trovata(4). È ipotizzabile che il dipinto lottesco, più che un ritratto all’orafo trevisano Bartolomeo Carpan, sia un omaggio a uno degli uomini più famosi del XVI secolo(5), il “divino Camillo” (Giulio Camillo, detto Delminio), descritto realisticamente con qualche capello bianco, in un’età compresa tra i quarantacinque e i cinquant’anni(6).
Letture iconologiche
Il Triplice ritratto di orefice di Lorenzo Lotto
E SE NON
FOSSEUN ORAFO?
Siamo certi dell’identità del personaggio raffigurato da Lotto nel Triplice ritratto?
I contenuti simbolici del dipinto ci offrono una
possibile interpretazione alternativa.
Mauro Zanchi