La pelle ambrata, la bocca capricciosa color vermiglio, un viso-gioiello incastonato in un turbante tempestato di giada e oro, il cui peso è bilanciato ai lati da due stravaganti cineserie a forma di drago. La diresti una donna senza cuore, se non fosse che i felini occhi verdi rivelano una inaspettata dolcezza. È forse l’amore, regale Turandot? La “principessa di ghiaccio”, che nella favola musicata da Giacomo Puccini orchestra giochi di raffinato sadismo per togliere di mezzo i pretendenti al trono di Pechino (lei è la figlia dell’imperatore) si è perdutamente innamorata del principe sconosciuto caduto negli indovinelli trappola, e che ora dovrà essere decapitato. Non finirà così, e Leopoldo Metlicovitz, nella locandina che la sera del 25 aprile 1926 inaugurava con l’opera di Puccini la stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano, lo lascia intendere: sotto le belle ciglia di Turandot palpitano lacrime d’amore.
La litografia a colori della favolosa principessa è l’immagine portante della nuova mostra ai Musei San Domenico di Forlì, Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia (dall’11 febbraio al 18 giugno).
Un omaggio ma anche un’immersione totale nelle mode e nei modi dello sfrenato ventennio tra le due guerre (1919-1939), che riporta in auge un periodo complesso della nostra storia, quando, in Europa, nasce una nuova tendenza del gusto che si diffonde a ogni aspetto delle attività creative. L’Art Déco è uno stile che fiorisce dalle ceneri delle sinuosità liberty, abbatte la fissità dell’ideologia simbolista e costruisce un linguaggio razionale, puntato sul progresso e il cambiamento.
Un’immersione totale nelle mode e nei modi dello sfrenato ventennio tra le due guerre
Consacrata a Parigi nel 1925 in occasione dell’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne, la nuova rivoluzione del gusto è ufficialmente battezzata Art Déco nella mostra Les Années ’25, sottotitolata: Art Déco / Bauhaus / Stijl / Esprit Nouveau, tenutasi nel 1966 al Musée des Arts Décoratifs di Parigi.
