Ha creato la sua grande opera d’arte giocando con la luce, dandole corpo e rendendola solida, come se si potesse, oltre che vedere, anche toccare. La luce, che di solito è un complemento, nel lavoro di Marinella Pirelli diventa, infatti, soggetto, protagonista assoluta dell’opera, con una fisicità e un volume ben precisi e concreti. Pioniera della Light Art, così si raccontava: «Quando da ragazza dipingevo, era la luce che volevo catturare. Per me la luce è vita, ci circonda ma noi non ce ne accorgiamo nemmeno. La luce trasforma, modifica le cose e si modifica attraverso gli oggetti».
Nelle opere di arte cinetica (termine che lei non amava) o nei filmati in 16 millimetri, Marinella Pirelli usa la luce come un pennello. Il suo cinema non è uno strumento per raccontare, quanto uno strumento che può creare immagini. «Con la 16 millimetri mi sono resa conto che la vera protagonista del film è la luce, lo diceva anche Fellini». La sua pittura figurativa che ha preceduto e che è succeduta al lavoro sperimentale sulla luce, è anch’essa, sempre, lavoro sperimentale sulla luce. Nei dipinti degli anni Cinquanta, fase preparatoria per quelle successive, c’è un’attenzione per la natura e il paesaggio che col tempo, inesorabilmente, si rivolge alla luce, agli effetti luministici.
Le sue installazioni non sono soltanto da guardare, bisogna anche entrarci per poter partecipare al suo viaggio nello spazio e nel tempo, un viaggio a volte racchiuso in un cubo nel quale le troppe cose caotiche e colorate dell’universo diventano ordinate.