Dentro l'opera


IL CERCHIO
ASSOLUTO

di Cristina Baldacci

Un primo piano sulle opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Ian Wilson, Circle on the Floor

«Legare un gessetto bianco di Cina all’estremità diun filo lungo 91,5 cm (prima di essere smussato,il centro del gessetto dovrebbe misurare 9,5 mm).All’altra estremità del filo attaccare un chiodo. Dopoaver fissato il chiodo al pavimento, disegnarvi attornoil cerchio tenendo teso il filo. Dedurre lo spessoredel gesso bianco dalla foto inclusa per creare lalinea, che dovrebbe diventare di 12,7 mm. Una voltadisegnato il cerchio, rimuovere il chiodo dal pavimento. Di tanto in tanto,usando il metodo sopra descritto, ripassare le parti rovinate del cerchio,cercando di mantenerlo il più possibile pulito e ben definito»(*).

Con queste stringate ma precisissime istruzioni l’artista sudafricano Ian Wilson (Durban, 1940) spiega a chi ha comprato con regolare contratto uno dei suoi “cerchi” e si trova in mano soltanto un foglio di carta come tracciarlo sul pavimento della propria galleria, museo o casa. Il primo della serie viene disegnato nel 1968 sul parquet della Bykert Gallery a New York, città dove l’artista vive dagli anni Sessanta. Il bello di questi Circles “on the Floor” (da pavimento) o anche “on the Wall” (da parete) è che sono in edizione illimitata, possono essere pertanto acquistati e ripetuti all’infinito, anche senza che sia l’artista stesso a eseguirli. Per Wilson, così come per molti altri artisti concettuali (per esempio, Sol LeWitt) vige la regola del “fai da te”: basta seguire le indicazioni allegate al certificato di vendita e il cerchio diventa - ovunque e da chiunque sia rifatto - un’opera originale e unica, poiché realizzata con il permesso del suo ideatore in un luogo e tempo specifici. L’importante è attenersi per bene alla ricetta. L’esecuzione condiziona infatti la visione: tanto più lo si traccia con cura, quanto più il cerchio viene percepito correttamente.