Profumo, con leggere note di talco, gelsomino e legno; dietro la grata di bronzo brunito, ai piedi del ponte di Rialto, una luce dorata filtra e ne sostiene nello spazio la scia olfattiva, anche di notte. Come falene, si entra salutati dai commessi sorridenti che aprono le porte in vetro; d’inverno il caldo e il fresco d’estate avvolgono chi entra. Dal Canal Grande la vista è privilegiata, tanto da spingere la Repubblica di Venezia nel Cinquecento, timorosa di perdere il controllo dei mercati fra Oriente e Occidente, al grande gesto di far affrescare la facciata, commissionando il lavoro a Giorgione, e facendo poi costruire da Antonio da Ponte, “proto” al sale, un solo archivolto porticato - al termine di dispute lunghe e numerose - al posto del vecchio ponte in legno con tre sostegni. Invece la facciata prospiciente al ponte di Rialto era stata affrescata da Tiziano, allora meno affermato di Giorgione. Per i tempi fu un’opera magnificente, espressione di potere e di dominio, per nulla decadente; era nato il ponte di Rialto a ridosso del Fondaco dei Tedeschi, punto d’approdo, magazzino e sede dei mercanti tedeschi attivi a Venezia e porta delle merci d’Oriente per l’Europa transalpina. Ora l’edificio appare bianco, per scelta dei restauratori intervenuti negli anni 1937- 1939, mentre era proprietà di Poste italiane, i quali preferirono che gli ultimi frammenti degli affreschi rimasti fossero conservati in diversi musei, come la Ca’ d’oro poco distante, lasciando così il muro privo di qualsiasi ornamento dipinto. La calle che vi arriva da San Giovanni Crisostomo è ora traforata di vetrine di bronzo dorato che ripiegano a terra incorniciando forcole e canotte, sciarpe e spezie, cioccolati e vini, oli e paste.
