Amedeo Modigliani non ha conosciuto in vita la soddisfazione di vedere riconosciuto il proprio talento né apprezzate appieno le sue opere dal pubblico e dal mercato. La lunga ed estenuante ricerca del consenso, perseguita con ossessiva determinazione, non ebbe esito positivo in quel breve intervallo di tempo che costituisce l’irripetibile carriera di uno degli assoluti protagonisti della pittura figurativa moderna, autore della più straordinaria, intensa e affascinante serie di ritratti dell’arte del XX secolo.
Postumi sono stati i riconoscimenti, le grandi mostre, la rivalutazione della critica che solo dopo una lunga indifferenza ha scoperto il valore della ricerca pittorica e la portata dell’arte di Modigliani.
Scomparso l’uomo, morto il 24 gennaio 1920 a soli trentasei anni, è subito sbocciato il mito che si è appropriato e ha trasformato in leggenda una vita difficile e tormentata, trascurando a volte i meriti artistici per porre piuttosto l’accento sull’artista maledetto, prigioniero di un’esistenza bruciata, protagonista di una ribellione fine a se stessa, di comportamenti eccentrici al limite dello scandalo, di eccessi di alcol, droga e donne.
Indubbiamente il pittore livornese, giunto a Parigi nel 1906 attratto dal fascino di una città vivace ed euforica, assetata di sperimentazioni e di audaci provocazioni, è stato una delle figure più carismatiche e una delle personalità maggiormente rappresentative di quell’ambiente, fucina della modernità e delle avanguardie storiche.
