L'oggetto misterioso
QUALCUNOL'HA MAI VISTO?
di Gloria Fossi
Una pollastra arrostita in un giorno imprecisato del 1461, in una città imprecisata del ducato di Borgogna, fu immortalata nel trittico con la Resurrezione di Lazzaro, dal 1841 agli Uffizi. Un “oggetto misterioso” nel prestigioso museo fiorentino? Riteniamo di sì, a meno che qualcuno ricordi il dipinto, a forma di altarolo, sopra la porta della sala 8, sulla metà degli anni Ottanta del secolo scorso (noi lo annotammo nel 1987). Chi l’ha visto? Chi l’ha notato? A lungo nei depositi, ancora per pochi giorni (fino al 30 aprile), è in mostra nella sala del Camino al primo piano, dopo il bel restauro di Lucia e Andrea Dori, sotto la cura di Daniela Parenti. Ne scriviamo per chi non abbia visitato il museo nel breve periodo di esposizione (iniziata il 6 marzo), dato che l’opera tornerà nei depositi. Poco noto anche l’autore, Nicolas Froment (1435 circa - 1486), sulle cui origini gli studiosi restano incerti, ma che sappiamo terminò poi la carriera in Provenza. Il trittico gli fu commissionato dal prelato Francesco Coppini di Prato, che dopo una formidabile attività diplomatica oltralpe finì inguaiato per non aver condotto, per conto di Pio II, un’equilibrata mediazione nel contrasto fra gli York e i Lancaster in Inghilterra.
Coppini dovette conoscere Froment in uno dei suoi viaggi nel Nord della Francia, e ci appare, con lo stemma parlante, nel pannello esterno, in preghiera. Il bel Froment si è ritratto, in alto a sinistra, nel pannello centrale, mentre guarda lo spettatore. Per le avventurose vicende del trittico in Toscana, dove a lungo stette nel monastero del Bosco ai Frati in Mugello, rimandiamo al libro uscito dopo il restauro(*). Qui ci soffermiamo su alcuni dettagli fotografati in mostra. La pollastra è nel pannello destro con la Cena in casa di Simone (Luca 7, 36-50). A farle compagnia, una spalla di agnello arrosto (le indagini di Luca Poldi sui disegni sottostanti hanno svelato che in origine le due nature morte erano un po’ diverse, come d’altra parte altri particolari). L’agnello è decorato con rametti di prezzemolo, il «petrosillo» o «petrosemolo», che i ricettari indicavano come il più adatto al gusto dell’agnello. Simbolo del sacrificio di Cristo, a Pasqua l’agnello era mangiato con «pane azzimo ed erbe amare», come fu predetto a Mosè, che qui compare, in forma di statuetta, con le tavole della Legge, sul camino in fondo alla sala (la scena, tipica dei dipinti fiamminghi, è di sbieco). Sul tavolo, una mosca su uno spicchio di pera, simbolo del sacrificio di Gesù (nel disegno sottostante era un pezzo di pane, pensiamo mutato su richiesta del committente). Un’altra mosca a trompel’oeil spicca sul biancore della tovaglia di Fiandra. Il cagnolino in basso è un grifone di Bruxelles. Detto anche «smousje», presente pure nel Ritratto dei coniugi di Van Eyck della National Gallery, ha il muso antropomorfo e si caratterizza per essere socievolissimo ma anche gran cacciatore di topi. Nel pannello centrale, il soldato e la donna si tappano il naso per coprire il fetore del cadavere di Lazzaro: iconografia nota anche in Italia, ma in Borgogna ancor più frequente. Tipico dei dipinti fiamminghi è pure il gesto realistico del soldato, che infila la mano sinistra nella cintura: ne troverete i precedenti in Rogier van der Weyden e Albert van Ouwater. Potendo osservare il dipinto da vicino, trovereste molti altri spunti curiosi, come una coppia che gioca a scacchi sul fondo del paesaggio, e altri dettagli che speriamo presto tutti possano ammirare in una delle nuove sale degli Uffizi.