la sua famiglia, originaria di Averara, in alta Val Brembana, vanta una tradizione secolare nel campo dell’attività pittorica. I suoi antenati sono infatti documentati sin dal XV secolo come autori di imprese decorative a Bergamo e provincia, ma anche in Trentino, ove ancora si conservano importanti cicli pittorici (a Pinzolo una ben nota Danza macabra).
La famiglia Baschenis, di cui fanno parte anche i tre fratelli di Evaristo, Bartolomeo, Domenico e Giacomo, risiede in contrada di Prato, nel popoloso borgo San Leonardo, cuore commerciale e artigianale della città bassa. Raccolto intorno all’antica parrocchia di Sant’Alessandro in Colonna, racchiuso nelle mura quattrocentesche (Muraine), sede di importanti fiere e mercati, il quartiere ospita anche le botteghe dei più rinomati pittori attivi in città tra XVI e XVII secolo: da Giovan Paolo Cavagna a Enea Salmeggia, da Francesco Zucco ad Antonio e Pietro Baschenis, da Carlo Ceresa a Bartolomeo Bettera e Domenico Ghislandi (il padre di Fra Galgario).La casa dei Baschenis si trovava a poche centinaia di metri dalla chiesa della Beata Vergine dello Spasimo (oggi Santa Lucia), futura sede di riferimento di Evaristo allorché nel settembre 1643 deciderà di prendere i voti. Prima di quella data si collocano la morte, causa la pestilenza del 1630, del padre e di due fratelli, e l’apprendistato presso il pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli (1604-1656). Nel 1639, infatti, conclusa con il fratello Bartolomeo la divisione del patrimonio familiare, il ventiduenne Evaristo decide, sulle orme di antenati e parenti, di intraprendere la carriera artistica. Il patto di garzonato (3 luglio 1639) recentemente rinvenuto, è un documento storico prezioso che ben chiarisce a quali condizioni e sulla base di quali accordi i giovani apprendisti pittori si affacciassero alla professione nel XVII secolo. Per quattro anni (1639-1642) senza percepire alcun salario, Evaristo si impegnava a seguire il suo maestro «a imparare l’arte et professione del pittore» «con obligo di farsi le spese del proprio così cibarie come del vestire». Da parte sua Barbelli garantiva «di darli la comodità del dormire in una stanza e di insegnarli fedelmente la sua professione e arte et di far tutto quello che a simil sorte de patroni appartiene e spetta». Attivo tra Crema, Lodi, Milano, Brescia e Bergamo, il cremasco era un prolifico autore di pale d’altare (nel 1639 si trovava appunto a Bergamo per eseguire un’Annunciazione in una chiesa del borgo San Leonardo) nonché un autentico specialista nella decorazione ad affresco sacra e profana; i suoi cicli più noti e spettacolari, in bilico tra tardo manierismo e Barocco, si trovano in Santa Maria delle Grazie a Crema (1641-1643) e nei palazzi Terzi e Moroni a Bergamo, eseguiti intorno alla metà del secolo.
Nei quattro anni del suo apprendistato, arrampicato sui ponteggi dei numerosi cantieri diretti dal suo maestro, Baschenis ebbe modo di apprendere i segreti della difficile tecnica quadraturista, la sofisticata scienza cioè della prospettiva dipinta e dell’illusionismo spaziale capace di porre «in scurto», in spericolati scorci prospettici, ogni genere di figura: architetture, uomini, angeli, santi, animali, oggetti di ogni tipo (compresi gli strumenti musicali).

