Grandi mostre. 3
Robert Indiana a Locarno

SEGNI E SIMBOLI
PER UN SOGNO AMERICANO

L’America pop della seconda metà del Novecento rivive in una mostra svizzera dedicata all’artista che più ha fatto uso, nel proprio lavoro, degli elementi visivi messi a disposizione dalla pubblicità, dal cinema, dai fumetti, dalla comunicazione di consumo. Ce ne parla qui il curatore.

Rudy Chiappini

Robert Indiana (New Castle, Indiana, 1928) è conosciuto in tutto il mondo per la sua scultura LOVE scritta in lettere maiuscole, disposte in un riquadro con la lettera O inclinata. Nata nella metà degli anni Sessanta come cartolina natalizia del MoMA di New York, questa parola, incisa a caratteri cubitali nell’immaginario collettivo, è diventata, forse ancor più della Marilyn di Andy Warhol, una delle icone più forti e suggestive dell’arte contemporanea facendo il giro del mondo e arrivando a offuscare persino il nome del suo stesso creatore.

Non è la prima volta, certo, che all’opera di un esponente della Pop Art accade di divenire uno stereotipo visivo di un’epoca e di una società, una sorta di patrimonio comune e condiviso, replicabile all’infinito. Nel caso di Indiana sarebbe tuttavia estremamente semplicistico e addirittura fuorviante considerarlo semplicemente l’ideatore di un logo artistico seppur universale, scordando che il suo lavoro, nella sua articolazione cronologica e tematica, è dotato di una forza di assoluto valore nel rinnovato panorama artistico della seconda metà del XX secolo.

L’Occidente vive allora un momento di grande fervore e di ricchezza; nelle strade e nelle case iniziano a entrare oggetti inesistenti fino a pochi anni prima, ma subito vissuti come indispensabili: automobili, frigoriferi, televisori, poster, lavatrici, detersivi, cibi in scatola e bevande confezionate.