Il primo, originariamente intitolato Repetita juvant, è composto da decine di fogli di quaderno con la frase «Fare la lotta in classe è pericoloso» scritta a mano con una calligrafia infantile e ripetuta centinaia di volte con la correzione in rosso che sostituisce “in” con “di”, per trasformarla in una sentenza politica, che ricorda gli Anni di piombo che l’Italia stava vivendo in quel periodo. Con Edizioni dell’obbligo invece l’artista si propone come editore, presentandosi con uno stand alla Fiera del libro nel castello di Belgioioso (Pavia) dove sono esposti una serie di libri simili a quaderni delle elementari, con le copertine disegnate da bambini di una scuola di Ravenna, con testi come Scrivere non è il mio mestiere di Saverio Tutulo oppure Orrori ed errori di Erika Bongiovanni. «La scuola è sempre stata un problema per me, non perché fossi stupido, ma perché mi rendeva stupido» confessa l’artista, che ha dedicato alla sua esperienza scolastica uno dei suoi lavori più famosi, Charlie Don’t Surf (1997). «Mi rendo conto che la scuola non mi ha trasmesso niente di quello che avrebbe dovuto, ma mi ha insegnato a sopravvivere. Quando si viene continuamente aggrediti si finisce per sviluppare una strategia di sopravvivenza», aggiunge. Proprio come l’opera Strategies (1990) che può essere letta come un messaggio strategico rivolto al sistema dell’arte, composta da una piramide di numeri di “Flash Art”, una sorta di castello non di carte da gioco ma di riviste che Cattelan fotografa e pubblica su una finta copertina della rivista stessa, che distribuisce in un nutrito gruppo di gallerie d’arte a Milano.
