LA RIVOLUZIONE CAPPIELLO
E LA STAGIONE D’ORO
DI MARCELLO DUDOVICH

La sua attività si svolse quasi interamente in Francia; ma se anche non lo facessero i natali toscani, sarebbe comunque la portata universale della sua incidenza nel settore della grafica illustrata a rendere qui obbligato il ritratto d’autore.

Giunto a Parigi poco più che ventenne, Leonetto Cappiello si era dedicato alla caricatura, collaborando a riviste umoristiche come “Le Rire” o “Le cri de Paris”, e specializzato nel ritrarre le dive del teatro leggero, acclamate protagoniste di operette e di commedie musicali. Per il suo primo manifesto, realizzato nel 1899 per il periodico “Frou Frou”, non aveva fatto altro che trasporre tali esperienze nella grande dimensione, distinguendosi per la straordinaria economia di mezzi disegnativi e cromatici; ma con il geniale inserimento dello slogan nell’immagine - il titolo della testata posto tra le gambe della danzatrice di can can, come fosse il fruscio delle sue gonne - si era già candidato a innovatore della comunicazione.

I manifesti della sua prima stagione hanno tutti caratteristiche molto simili: che si tratti di pubblicizzare uno spettacolo teatrale delle Folies Bergère o la rappresentazione di una commedia con la grande Réjane al Théâtre de Vaudeville, ma anche, più prosaicamente, di convincere all’acquisto di champagne, Cappiello delinea con sicurezza una, massimo due figure, scontornandole nettamente rispetto ai fondi monocromi, che solo raramente si punteggiano di descrizioni ambientali. Diversamente da Chéret, non dinamizza il disegno frammentandolo; piuttosto, lo fa fluire con continuità tracciando curve di grande forza empatica; e così, mentre gli stilemi neorococò e le citazioni impressioniste ancoravano il francese alla tradizione pittorica passata, i linearismi ad arabesco proiettano decisamente l’italiano nel nuovo articolato mondo del modernismo.


Leonetto Cappiello, Théâtre du Vaudeville. La Passerelle (1902).


Leonetto Cappiello, Champagne de Rochegré (1902).