Direttore, se dovessimo stilare un rapido bilancio, quali potrebbero essere i punti salienti?
Il bilancio è molto buono, e i punti salienti potrebbero essere tre. Primo: abbiamo cominciato a liberare la Reggia da funzioni improprie, e si tratta di un piano che entro il 2020 dovrebbe consegnare l’intera Reggia a funzioni culturali ed educative. Secondo: abbiamo concluso una prima fase di restauri e abbiamo già i finanziamenti per la seconda. Terzo: abbiamo fatto tornare la Reggia al centro dell’attenzione, riuscendo a ottenere un significativo incremento dei visitatori. Ci sono però anche aspetti negativi, soprattutto nella qualità dei servizi: nella sua vita ordinaria, la Reggia di Caserta è ancora un monumento affaticato e non è fresco e scattante come vorrei.
Sull’incremento dei visitatori: il dibattito attuale parla di numeri ma anche di qualità, quindi fino a che punto dobbiamo considerare positiva la crescita dei visitatori?
I numeri in crescita sono certamente un dato positivo in sé, da non commentare. Il problema semmai è un altro. Dovremmo domandarci: dato che in tanti
vanno a visitare i musei, che cosa imparano? Quello sui numeri è un dibattito pieno di insidie logiche. Certo è che il museo non dev’essere
un’esperienza “aristocratica”, elitaria: dev’essere anche un’esperienza popolare. Anzi, io direi che in una società democratica l’accesso ai musei,
senza distinzioni di cultura, classe, genere e provenienza sociale dovrebbe essere al centro della discussione: e qui posso dire che anche noi abbiamo
fatto poco.