UN NUOVO MARINO

Dopo il bombardamento alleato su Milano del settembre 1942 Marino riparò per due mesi a Blevio, sul lago di Como, poi da dicembre si stabilì a Tenero, poco distante da Locarno,

dove la famiglia della moglie possedeva una comoda abitazione. Rimase in Svizzera fino a tutto il 1946, e quegli anni determinarono un sensibile mutamento d’indirizzo nella sua produzione. Varie furono le motivazioni di una fase riconosciuta come assolutamente peculiare dall’artista stesso che la definì «gotica»: l’adattamento che il mutato orizzonte geografico avrebbe comunque imposto, ma che era ulteriormente turbato dalle contingenze storiche; il forzato isolamento che rafforzò la concentrazione già connaturata al suo temperamento, ma favorì anche il contatto con esperienze internazionali(22)

In questi anni Marino è impegnato a individuare nella propria cultura visiva quei dati che meglio potevano consentirgli di tradurre il clima di inquietudine e tragedia dell’Europa in guerra, che inevitabilmente, se pure attutito dal rifugio svizzero, doveva riverberarsi sulle sue riflessioni. 

Ritorna il richiamo alla scultura quattrocentesca, ma la composta e compita tornitura volumetrica dei busti di scuola verrocchiesca è sostituita dalle più sofferte testimonianze della ritrattistica donatelliana, dalle quali Marino trasferisce nella figura dell’Arcangelo la fisionomia come affilata da una interna consunzione, e alcuni tratti precisi, quali le arcate sopracciliari, le guance incavate, l’alta fronte bombata.


Arcangelo (1943), gesso policromo; Firenze, Museo Marino Marini.


Desiderio da Settignano, Busto di Niccolò da Uzzano (1430), terracotta policroma; Firenze, Museo nazionale del Bargello.