Per Hiroshi Sugimoto ciò che separa il mare dal cielo è una linea sottile che distingue due diverse tonalità di grigio. Le quattordici fotografie della serie Time Exposed sono state disposte su una delle pareti esterne del Benesse House Museum di Naoshima, piccola isola del mare interno del Giappone. Rigorosamente minimaliste, non mostrano alcun riferimento al tempo in cui sono state scattate: né una barca, né un essere umano. Immobilizzando il mare, il più noto fotografo giapponese ha cercato di fermare il tempo, fino a che le stampe, esposte alle intemperie e ai cambiamenti climatici, scompariranno per rientrare a far parte del ciclo naturale delle cose. Quest’opera sembra così ergersi a icona del “Mono no Aware”, il pathos delle cose, ovvero dell’ideale estetico giapponese che esprime proprio la bellezza intrinseca del divenire. A Naoshima e nelle isole vicine di Teshima e Inujima, tutte le opere, compresi gli edifici che le contengono, sono state concepite secondo questo principio di comunione spirituale e panteistica con la natura.
Il progetto che ha trasformato l’area in una meta imprescindibile dell’arte contemporanea nasce nel 1989, quando Soichiro Fukutake, uomo d’affari e
collezionista d’arte, portò avanti l’idea visionaria del padre di contrastare il declino demografico di queste isole di pescatori attraverso la
creazione contemporanea. Chiese allora a Tadao Ando di collaborare alla costruzione di un luogo dove arte e natura si potessero incontrare e mescolare.
In linea con i suoi principi teorici, secondo i quali gli edifici devono seguire le forme naturali del paesaggio, l’architetto vincitore del Pritzker
Architecture Prize nel 1995 ha costruito nell’arco di due decenni gli edifici del Benesse Art Site di Naoshima, un insieme di musei, installazioni in
situ, opere “en plein air” e hotel.