Grandi mostre. 4 
Cuno Amiet a Mendrisio (Svizzera)

IL COLORE,
LA NATURA,
IL CANTO DEGLI UCCELLI

Passione per le variazioni cromatiche, il creato e la sperimentazione: in sintesi Cuno Amiet, figura di spicco (con Hodler) dell’arte svizzera del secolo scorso. Una carriera longeva, come ci racconta qui uno dei curatori dell’esposizione al Museo d’arte di Mendrisio, all’insegna di molteplici registri espressivi.

Simone Soldini

Sono finora state rarissime le occasioni per ammirare l’opera di Cuno Amiet (1868- 1961) in Italia. Tuttavia, una di queste rare mostre - la personale che tenne alla Biennale di Venezia nel 1954 - segnò un momento particolarmente importante e gravido di conseguenze: un resoconto di circa sessant’anni di lavoro creativo. Al Padiglione svizzero Amiet raccolse una quarantina di capolavori, di cui quasi il novanta per cento risalenti al suo primo periodo.
La mostra veneziana consegnò una lettura dell’opera che rimane tuttora immutata; un’opera divisa in due parti ben distinte: la prima, sperimentale ed europea, che va dall’intenso soggiorno di Pont- Aven del 1892-1893 fino agli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale; la seconda, più realista, contraddistinta da un ritorno all’ordine.
Colorista e spirito eclettico: questi sono i tratti principali della personalità di Amiet, protagonista, insieme a Hodler, dell’arte svizzera del Novecento come ben testimoniato dalla mostra al Museo d’arte di Mendrisio (Il paradiso di Cuno Amiet. Da Gauguin a Hodler, da Kirchner a Matisse, dal 22 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018). Egli fece parte di una generazione postimpressionista che sentì particolarmente il colore cambiandone radicalmente la funzione e facendolo “risuonare” grazie a ricche composizioni; una generazione cresciuta sugli esempi di Gauguin, Van Gogh, Seurat e Cézanne, della quale ci limitiamo qui a citare solo i compagni dell’artista svizzero all’Académie Julian: Sérusier, Vuillard e Bonnard.


Amiet è appartenuto a una generazione cresciuta sugli esempi
di Gauguin,Van Gogh, Seurat e Cézanne



La sua pittura è un susseguirsi di continue variazioni cromatiche attorno allo stesso tema, vedeva la natura prima di tutto attraverso il colore. «Amiet», scrisse l’amico Hermann Hesse in un testo del 1919 «ha sempre vissuto il mondo come colore, come il canto degli uccelli». È ciò che di lui attirò anche Paul Klee: «In Amiet ammiro molte cose, innanzitutto il suo occhio, che gli permette di vedere e riprodurre in maniera colorata la Natura».


La raccolta delle mele (1907), Soletta, Kunstmuseum Solothurn.

Ragazzo bretone (1893), Zurigo, Kunsthaus Zürich.