La pagina nera

della mostra i segreti
rendon tutti poco lieti

Dentro Caravaggio, Milano, Palazzo reale fino al 28 gennaio, a cura di Rossella Vodret: un progetto studiato e supportato da un contributo scientifico fondamentale, mancante, però, di alcuni capolavori. Quelli della Galleria Borghese, per esempio, che conserva il maggior numero di opere dell’artista. Ma non è il solo caso. E poi l’annuncio, da parte della stessa istituzione romana, di un Centro di ricerca internazionale dedicato a Merisi. Nessuno dei maggiori esperti, a oggi, è stato interpellato.

Fabio Isman


esistono esposizioni ed esposizioni. Oggi, in Italia, vanno assai di moda quelle acquistate “a scatola chiusa”, normalmente all’estero: spesso, fanno parte di circuiti itineranti; e raramente di un artista, o periodo, presentano troppi capolavori: di solito, uno o due al massimo. Talora, sono anche gustose da vedere; attirano pure abbastanza pubblico; ma di rado sono sostenute da un autentico progetto scientifico, e accrescono assai poco la nostra conoscenza, o fanno scoprire qualcosa. Poi ci sono le altre: quelle pensate, studiate, che, in soldoni, hanno qualcosa da dire, oltre che da far vedere. Ma dietro, hanno spesso storie strane e singolari. Di solito, non vengono declinate: opere che mancano all’appello, rivalità sottaciute, occasioni mancate. Per esempio, all’esposizione Dentro Caravaggio (Milano, Palazzo reale, fino al 28 gennaio), la curatrice Rossella Vodret pensava «da almeno sette anni», e «da tre abbiamo iniziato a lavorarci e a chiedere i prestiti», afferma. Venti quadri dell’artista: ciascuno con, su un pannello e uno schermo visibili sul retro, il riassunto degli esami, delle indagini e delle analisi scientifiche cui è stato sottoposto. Per scoprire i «pentimenti»; il modo di dipingere (all’inizio pure i disegni sottostanti, finora sempre negati); le incisioni-guida; l’utilizzazione di tovaglie, o di tele già dipinte, perché Merisi non possedeva i quattrini per comperarsene di nuove.
Insomma, una mostra assai interessante, basata non soltanto sulle bellezze, ma anche sulla tecnica del pittore. Qualcosa di simile, si era visto soltanto nel 1991; ma erano altri tempi: assai più ridotte le stesse possibilità d’indagine. Mina Gregori aveva organizzato, a Firenze e a Roma, Come dipingeva il Caravaggio. Quella di Milano è costata tre milioni e mezzo di euro, e ha diciotto prestatori dal mondo; su tredici dipinti sono state eseguite tutte le indagini immaginabili e possibili, in parte finanziate dal Gruppo Bracco, che si aggiungono a quelle compiute, nel 2009, sui ventitre suoi quadri romani. Eppure, in questa carrellata assai pregevole, ci sono anche assenze vistose.

Niente nemmeno dalla Sicilia,
anche se i Caravaggio dell’isola, nel recente passato,
hanno non poco viaggiato


Niente dal Louvre: perché già due anni fa, il museo francese aveva risposto che un paio delle sue tre opere sarebbero state altrove. Niente da Milano: perché gli organizzatori non hanno insistito troppo sulle richieste di prestito, con l’idea semmai di “lanciare” in città percorsi complementari. Niente nemmeno dalla Sicilia, anche se i Caravaggio dell’isola, nel recente passato, hanno non poco viaggiato; forse perché si votava, in contemporanea con la mostra, e la giunta regionale temeva il rischio di critiche? Sta di fatto che di tutti gli svariati periodi dell’autore (Roma, Napoli, Malta, la Sicilia), proprio quest’ultimo è l’unico non documentato a Palazzo reale. Ma niente neppure dalla Galleria Borghese che, con sei capolavori, vanta il più alto numero di opere di Merisi. Qui, è accaduto qualcosa di diverso: la Galleria, due settimane prima della mostra, ha annunciato una “partnership” triennale con Fendi, «per esportare con Caravaggio la bellezza italiana nel mondo». Infatti, il primo atto della “joint venture” è stato spedire tre dipinti al Getty Museum di Los Angeles, qui visibili dal 21 novembre: San Gerolamo scrivente, Ragazzo con cesto di frutta (Fruttaiolo) e David con la testa di Golia. E, ovviamente, non si potevano muovere i tre rimasti (il cosiddetto Bacchino malato, la Madonna dei palafrenieri e il San Giovanni Battista): chi paga il biglietto non ne trova nessuno esposto?
Nel contempo, la Galleria Borghese ha annunciato anche la creazione di un Centro di ricerca e studi dedicato all’artista, che raccolga l’intera «diagnostica e ricerca storico-artistica sulla sua opera»; «il più completo esistente, così da proporsi come il riferimento primario per la ricerca a livello mondiale» su Caravaggio, munito di «una piattaforma digitale, la più esaustiva banca dati online relativa» all’autore. Ma i maggiori studiosi dell’artista, finora, non ne hanno nemmeno sentito parlare: non ne sono affatto coinvolti, anche se è previsto un prestigioso comitato scientifico. Non ne sanno nulla la stessa Vodret; o Alessandro Zuccari, docente alla Sapienza e segretario del Comitato per i quattrocento anni dalla morte di Merisi: «Non ne conosciamo i progetti e le finalità».


Merisi, detto Caravaggio, dove non diversamente indicato, provengono dalla mostra Dentro Caravaggio (Milano, Palazzo reale, fino al 28 gennaio).

Galleria Borghese di Roma assenti dalla mostra milanese perché prestati al Getty Museum di Los Angeles.

Ragazzo con cesto di frutta (Fruttaiolo) (1593-1594);