samarcanda di Roberto Vecchioni compie quarant’anni anni: uscì nel 1977. Chissà se tutti gli estimatori
del professore-cantautore sanno dov’è la città e come appare. Eccola, appare stupefacente nella notte, con le cupole color turchese (dal titolo di
un libro di Franco Cardini)(*) sapientemente illuminate: nell’Uzbekistan (fra il lago d’Aral e il massiccio dell’Alai o, se vogliamo, fra
i fiumi Amu Darya e Syr Darya) tutti gli altri luoghi (la capitale Tashkent, Khiva, Bukhara, il deserto Kizilkum…) potrebbero sembrare secondari.
Ovviamente non può essere così. Samarcanda fa parte di un notevole contesto: il clima del paese (dai -29° invernali ai +40° estivi) non ha
impedito lo sviluppo di culture autoctone, né le gesta di conquistatori come Alessandro Magno, Gengis Khan, Tamerlano. Dopo i precedenti del
Paleolitico e Neolitico (pitture rupestri nella gola dello Zarautz-Sei e sui monti di Ho˘giquent) e della cultura di Sarasm (V millennio a.C.),
assume grande importanza un’area che abbraccia anche parte dell’attuale Tagikistan: la Sogdiana, sulla via della Seta. Qui transitano merci,
persone, echi di culture disparate; i sogdiani controllano, con i vicini battriani (oltre l’Amu Darya), i commerci con la Cina. Le carovane (che
spesso impiegano appunto il “cammello battriano”) trasportano, oltre alla seta, oro e argento da Sumatra e Malesia, lapislazzuli dall’Asia, zaffiri
dall’India. In vari momenti fra VI e V secolo a.C. si vanno formando, in oasi lungo i fiumi, agglomerati urbani, fra cui spicca, subito a sud di
Samarcanda, una sorta di “antenata”, Afrasyab, che cambia varie volte forma, con quattro successive cinte murarie. Fino al IV secolo a.C. la
Sogdiana fa parte dell’impero achemenide; poi oppone resistenza ad Alessandro Magno che però la conquista; dopo la fine dell’impero macedone passa
ai seleucidi e ai battriani (regno greco-battriano), e più tardi alla colta e illuminata dinastia cinese dei Kusana. Il successivo impulso dei re di
Corasmia (oggi Khorezm) dà luogo alla costruzione di numerose fortezze dalle mura in mattonicrudi nel deserto del Kizilkum. Il massimo dello
sviluppo di Afrasyab è nel VI-VII secolo d.C., quando la regione è sotto il controllo degli eftaliti (popolazione altaica) e poi dei turchi.
con sale, alloggi, corridoi affrescati
Fra le rovine spicca un gruppo di edifici con sale, alloggi, corridoi: una residenza regale. Molti ambienti sono affrescati: un grande ciclo pittorico rinvenuto nella sala 1 è ospitato nel bel museo sorto sul posto. Numerosi i soggetti raffigurati: cortei di personaggi riccamente abbigliati, alcuni dei quali montano cavalli o cammelli, mentre un elefante recava un baldacchino oggi solo in parte visibile (vivace, ma di difficile interpretazione è un gruppo di oche, o struzzi); scene di caccia; sulla parete di fondo, gruppi di uomini di diverse etnie (variano abiti e tratti somatici) convergono verso una figura centrale oggi scomparsa. I testi di alcune iscrizioni aiutano a ipotizzare che si tratti di un’importante cerimonia, alla presenza di ambasciatori provenienti da più paesi, svoltasi presso la corte di un re della regione, Varkhuman, che regnò sulla Sogdiana nel VII secolo: forse l’arrivo di una principessa inviata in sposa, che era l’occupante del baldacchino di cui si è detto. Quale che sia l’interpretazione corretta, le pitture colpiscono per freschezza, disposizione delle figure nello spazio, vivacità dei colori.


