E LÀ SALE

Inizio e termino con un titolo palindromo. È anche un “ouroboros”. Chi ha praticato l’alchimia operativa comprende il significato che è alluso.

Chi ama l’arte può interpretare il verso come se fosse simile a un’opera contemporanea dove c’è un rimando almeno a una doppia accezione (sale come materia prima e come verbo che indica un’ascensione). In ogni caso è sempre chiamato in causa un fruitore o uno spettatore (attivo o passivo), a prescindere dal loro livello di conoscenza o del punto in cui si trovano in un determinato momento del loro percorso, che sia un iniziato o un neofita, un saggio o uno stolto. Diversa sarà la qualità dell’approccio, della fruizione o dell’interpretazione. Nel percorso dell’arte, sia a livello formale sia concettuale, le suggestioni alchemiche contribuiscono a estendere e ampliare le oscillazioni energetiche delle immagini e a innescare efficaci evoluzioni nella ricerca della verità o del mistero che avvolge la vita. Con le allegorie e le metafore trasmutative l’artista mette in circolo altre connessioni visuali e materiche, ulteriori rimandi ultrasottili fra visibile e invisibile. Sono state prodotte innumerevoli opere con titoli o rimandi che si rifanno ai processi di trasformazione cari all’alchimia, e nella maggior parte dei casi l’autore non è giunto all’ottenimento della pietra filosofale, ma a una traduzione perlopiù didascalica del processo. Qui interessa di più fornire al fruitore e al lettore un percorso per affinare la sua lettura dell’arte contemporanea, per andare al di là del mero rapporto didascalico con i termini utilizzati in ambito alchemico, per sentire il passaggio da un linguaggio a un altro linguaggio, la concatenazione circolare dei processi trasformativi, gli scambi energetici, le ripetizioni cicliche, le evoluzioni, le mutazioni nell’immaginario del pensiero. Proviamo a individuare gli spostamenti “infrasottili” - utilizzando un termine coniato da Marcel Duchamp, iniziato all’immaginario della Grande Opera - che congiungono la pratica degli alchimisti saggi e dei filosofi naturali a quella degli artisti più ispirati e geniali. A un certo punto della storia occidentale, la chimica ha prevalso sulla sperimentazione alchemica e ha diramato la sua evoluzione attraverso i rivoli delle specializzazioni nella ricerca scientifica. Il dagherrotipo inventato nel 1839 - chiamato anche “specchio che ha memoria”, ovvero una porzione di realtà che rimane impressa su una lastra di rame ricoperta d’argento - appartiene più al mondo scientifico della chimica o alla visionarietà sperimentale dell’alchimia? Che senso possono avere ancora le suggestioni alchemiche nel tempo attuale, dove le persone agiscono nell’iconosfera, nel periodo storico dell’antropocene e degli iperoggetti, in una società ipertecnologicizzata? Le riletture di Carl Gustav Jung dei processi trasmutativi hanno ancora senso per quanto riguarda gli studi e la pratica della psicanalisi contemporanea? 

Secondo Anish Kapoor ora «viviamo in un’era post-psicoanalitica, mentre i surrealisti vivevano nell’era freudiana. A quel tempo, c’era una relazione molto diretta con la psiche personale. Ora questo è molto difficile da definire, è necessario non avere a che fare con il sé personale. In un certo senso, non c’è nient’altro che posso fare per affrontare qualcosa di molto più assoluto. Qualcosa come la verità. Qualcosa del genere non solo mio. […] Non sono sicuro di credere nella verità come a una realtà fissa. Penso che cambi sempre e, nel nostro mondo quotidiano, sia certamente relativa. Ma una delle cose che puoi fare come artista è sospendere il mondo di tutti i giorni. Sono sicuro che questo è uno dei motivi per cui sono un artista, per sospendere il mondo quotidiano e definirlo interamente nei termini di ciò che fai».


Ana Mendieta, Untitled (Facial Hair Transplants) (1972).