Architettura per l'arte TEMPLI E GIARDINI IN CITTÀ TRA FIUMI, LAGHI, di Aldo Colonetti Mancano pochi mesi all’inaugurazione del primo progetto di Renzo Piano in Cina: , un complesso di edifici di una delle più grandi aziende di moda del paese con al centro l’arte e la natura JNBY Headquarters l primo grande progetto di Renzo Piano in Cina che si inaugurerà nel mese di marzo di quest’anno, al centro del quale l’arte e la natura costituiscono i due riferimenti fondamentali, è costituito da un intervento che occupa più di duecentocinquantamila metri quadrati, nella città di Hangzhou, oltre dodici milioni di abitanti, la più amata da Marco Polo. I Fiumi, laghi, un clima subtropicale, templi, giardini e ora un trapezio irregolare ai lati del quale si sviluppa una serie di edifici dedicati alle attività di una delle più grandi aziende di moda cinesi, JNBY. La proprietaria, Li Lin, collezionista d’arte contemporanea e frequentatrice da anni di Art Basel, dopo aver visitato la Fondation Beyeler (Riehen, Basilea) disegnata da Piano, ha voluto coinvolgere l’architetto genovese in un’avventura completamente nuova rispetto al panorama cinese attuale dove è sempre stata dominante una logica di “trasposizione” di alcuni pezzi delle città europee, secondo un modello alla “Disneyland”. Alcune immagini del progetto JNBY Headquarters a Hangzhou (Cina) realizzato dallo studio RPBW - Renzo Piano Building Workshop in collaborazione con Greentown Orient Architects. Siamo di fronte a diciassette edifici, alcuni dei quali dedicati ad attività culturali, il museo in particolare, aperti alla città, anche perché il disegno urbanistico dell’insediamento dialoga con il resto del territorio. Da un lato il fiume, dall’altro le strade urbane preesistenti entrano nel grande parco interno, senza soluzione di continuità, trasformandosi in percorsi pedonali. Un dentro e fuori continuo, verde ovunque. In particolare i tetti degli edifici che fanno da perimetro - edifici che ospitano le attività aziendali del marchio di moda - sono ricoperti da piantagioni di tè. In sostanza un manifesto urbanistico concreto, completamente nuovo nella Cina di oggi, al centro del quale la cultura e la natura sono protagonisti, senza dimenticare che le facciate di tutte le architetture, circa quarantamila metri quadrati di muri, sono state realizzate con un nuova tecnologia: un calcestruzzo faccia a vista, creato sul posto da più di cento tecnici italiani esperti di restauro che avevano già costruito a Venezia il museo di Punta della Dogana di Tadao Ando. Una tecnica, sconosciuta in Cina, capace di rendere duraturo e uniforme l’impatto con lo spazio intorno. Il museo, più di milleseicento metri quadrati, si sviluppa su due piani, con un tetto che, attraverso una composizione a forma di aquiloni che sembrano anche un po’ farfalle, “dialoga” con la luce e la temperatura esterna: ospiterà la collezione permanente e una serie di mostre, il cui responsabile scientifico è un altro italiano, Francesco Bonami. «È stato un lavoro faticoso ma entusiasmante durante il quale ho trascorso alcuni mesi in una città “antica” che dal mese di marzo di quest’anno ospiterà un grande intervento urbanistico, nel segno della continuità e non della rottura con la realtà preesistente. Una nuova piccola città aperta che ha le radici nella tradizione europea, ma capace di dialogare con una tipica metropoli cinese che non dimentica però di essere stata descritta nell’opera Il Milione come un gioiello unico», così commenta la sua esperienza Olaf De Nooyer, associato dello studio RPBW - Renzo Piano Building Workshop. Credo che il progetto JNBY Headquarters faccia parte non solo per la dimensione ma soprattutto per le soluzioni progettuali di una delle esperienze più recenti dove Renzo Piano, passo dopo passo, disegna la sua città ideale, concreta e insieme visionaria. «La città non è virtuale, ma reale. La città è un luogo di contaminazione, di contatto fisico. La città è più di un insieme di strade, di piazze, di giardini, di palazzi, di persone. è uno stato d’animo, è una straordinaria emozione. Una città non è mai disegnata, si fa da sola. Insomma una città coincide con i suoi mille luoghi dove s’incontrano e si fecondano le differenze. Scendi in strada e incontri gente: la città del futuro spero che sarà come quella del passato», afferma l’architetto italiano. Un museo deve dialogare con la città e non essere un corpo estraneo, «accademico e aristocratico». Un museo, come in questo caso, feconda e dà vita a un nuovo quartiere di duecentocinquantamila metri quadrati senza superbia, nel segno della continuità.