XX secolo
Eugenio Garin e Maurizio Calvesi

IL FILOSOFO
E IL SUO “ALLIEVO”

Due figure cardine degli studi italiani su arte e filosofia, appartenenti a due diverse generazioni, sono legati fra loro da una cultura umanistica coltivata sui libri, un ponte ideale sul quale costruirono un legame personale.

Patrizia Castelli

Le opere custodite nelle biblioteche private, se non sono state smembrate, rispecchiano gli studi e il lavoro critico di coloro che formarono queste raccolte che non possono essere definite collezioni in quanto hanno un fine preciso: lo studio e l’analisi del sapere umano, anche se talvolta si associa a questi aspetti la bibliofilia. Dall’analisi dei volumi raccolti si evidenziano le congetture e le nuove proposte metodologiche che negli anni hanno toccato i singoli studiosi.

Tra le biblioteche del Novecento emergono come modelli quelle del filosofo Eugenio Garin (Rieti 1909 - Firenze 2004) e dello storico dell’arte Maurizio Calvesi (Roma 1927- 2020). Entrambe collocate all’interno delle rispettive abitazioni - l’una, molto sobria secondo i modelli del primo Novecento, a Firenze prima in via Bolognese, poi in via Vanini e in seguito in via Crispi, l’altra, disegnata ed eseguita appositamente dal maestro Mario Ceroli, a Roma in via dei Pettinari -, mostrano in parte itinerari diversi ma anche certe affinità tra i due studiosi alla cui base vi è la selezione e la cura dei libri.

La biblioteca di Garin, per disposizioni testamentarie conservata ora alla Scuola normale superiore di Pisa, è composta da 30.000 volumi di cui attualmente 2.700 collocati presso il Palazzo del capitano. Il fondo antico, di particolare importanza, è composto da oltre 500 edizioni del XVI secolo e 460 del XVII, tra le quali ricordo le opere del neoplatonismo fiorentino e, in particolare, di Marsilio Ficino: l’opera completa nell’edizione di Basilea del 1561 e il raro De vita (Lione 1567). A questi testi si aggiungono, tra gli altri, quelli di fisiognomica, magia e, soprattutto, quegli scritti ermetici che consentirono a Garin, tra i primi studiosi italiani, di gettare luce su un complesso aspetto della cultura tardoantica e rinascimentale.