Curiosando tra le pagine delle opere di scienziati ed eruditi europei del XVI e XVII secolo è possibile imbattersi nelle immagini, con relative descrizioni, delle creature fantastiche più note al mondo, i draghi, che, talvolta, rappresentano qualcosa di diverso da semplici raffigurazioni scaturite dall’adozione di specifici modelli iconografici uniti all’estro creativo dell’artista. Diversi studi, infatti, tendono a dimostrare che in realtà si trattava di straordinari esempi di bioarte creati coniugando mito e tassidermia, ovvero di veri e propri draghi in miniatura realizzati modificando o assemblando parti di una o più specie animali. A partire dal Rinascimento, tali curiosità naturali, ricercatissime, andarono ad arricchire le collezioni delle élites europee, e illustri uomini di scienza, nelle loro opere di storia naturale, diedero ampio spazio allo studio dei draghi, creature che all’epoca si collocavano ai confini dell’erpetologia in quanto ritenute più simili ai serpenti che non a “mostri” veri e propri. Tra questi scienziati, un posto di rilievo è occupato dal medico e naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605) che nelle Serpentum et draconum historiae (1640) ci fornisce diversi esempi del genere, ponendosi in una posizione a cavallo tra lo scetticismo più intransigente e l’eccessiva credulità.
Studi e riscoperte. 2
I draghi tra mito e tassidermia
CREATORI
DI BASILISCHI
Tra Cinque e Seicento un combinato di erudizione, curiosità scientifica, abilità tecnica dà origine a una serie di manufatti spacciati per veri “draghi”, finte meraviglie della natura.
Carlo Canna